Giudici lenti, libero il bandito Mesina

Avrà solo l'obbligo di firma: «Sono felicissimo, non me lo aspettavo»

Nino Materi

Scarcerazione bis per Grazianeddu: graziato - nel 2004 - dall'allora presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, e - oggi - dai giudici di Cagliari. Dopo l'atto di clemenza concesso 15 anni fa (non si sa bene per quale motivo) da Ciampi all'ex «primula rossa» del banditismo sardo, ieri Graziano Mesina, 77 anni, ha beneficiato di un altro (involontario) atto di clemenza, questa volta ad opera di chi è riuscito in un'impresa degna di nota: «dimenticarsi» di depositare le motivazioni dell'ultima condanna di Mesina, da oggi uomo libero per «decorrenza dei termini». Infatti le motivazioni della sentenza d'appello (che ha comminato nel 2018 a Mesina, arrestato nel 2016, 30 anni di carcere, ritenendolo capo di un'organizzazione di trafficanti di droga) non sono mai state depositate; automatica, a questo punto, la revoca di ogni misura cautelare (eccezion fatta per l'obbligo di firma e il divieto di uscire di casa dopo le 22)). Mesina è uscito ieri pomeriggio dal penitenziario di Badu e Carros di Nuoro, destinazione la stazione dei carabinieri del suo paese natìo, Orgosolo. Grazianeddu è tornato dunque un cittadino libero: sensazione già provata con la grazia concessa nel 2004 che azzerò tutta la lunga carriera criminale di Mesina, personaggio controverso e che gli storici del banditismo paragonano per alcuni aspetti alla figura di Salvatore Giuliano. Di tutto «rispetto» il suo curriculum: «È stato uno dei principali esponenti del banditismo sardo nel '900, coinvolto in numerosi crimini che gli sono costati l'ergastolo e protagonista di molte evasioni», scrive di lui Wikipedia. Nell'ultimo processo d'appello che lo ha visto alla sbarra nell'aula del tribunale di Cagliari, si era dichiarato innocente: «Quando ho commesso reati, me ne sono sempre fatto carico. Ma dopo la grazia non ho mai fatto nulla di ciò di cui vengo accusato». E invece - secondo la corte d'appello di Cagliari - il bandito era tornato a delinquere anche dopo il 2004, dedicandosi al mercato degli stupefacenti; di qui la condanna a 30 anni di reclusione.

Tutto ora vanificato da un «piccolo particolare»: i giudici hanno

fatto scadere i termini per il deposito della motivazione della sentenza. A salvarlo nessuna nuova grazia, solo la «distrazione» dei giudici; che Mesina ha ringraziato con sei parole: «Non me lo aspettavo, sono felicissimo».

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