L'imbarazzo, in casa grillina e Pd, si taglia con il coltello. Il video-delirio del padre-padrone del M5s aumenta il caos interno al suo partito, mette all'angolo un sempre più smarrito Conte, che solo ieri sera si è deciso a rompere flebilmente un silenzio ormai insostenibile, e destabilizza le fondamenta di un'alleanza tenacemente perseguita dai dem, ma che non si riesce a far quagliare.
Che il manettaro Grillo, improvvisamente convertito al garantismo dai tristi casi del figliolo, sia indifendibile è chiaro a tutti. Persino ai suoi discepoli, che iniziano a rompere le righe per criticarlo. Rispunta anche la ex ministra Elisabetta Trenta, per accusare Beppe di «rinnegare i nostri valori», visto che «durante il nostro primo governo siamo stati fieri di approvare la legge che ha esteso i termini per le denunce di stupro». Qualche altra parlamentare grillina stigmatizza pubblicamente l'intervento del capo, sul quale (al riparo dell'anonimato) si riversano le critiche feroci di tanti altri: «Ci ha rovinato». Ma i vertici del Movimento sono in palese difficoltà. E il primo a non sapere che pesci prendere è l'aspirante leader Giuseppe Conte, che tace ostinatamente per due giorni e solo a sera, dopo forti pressioni arrivate soprattutto dal Pd, si decide ad abbozzare un comunicato da equilibrista: «Conosco bene la sensibilità di Beppe Grillo su temi così delicati», esordisce nel testo limato e diffuso dal fido Casalino, «e sono consapevole di quanto questa vicenda lo abbia provato e sconvolto». Dopo il cerchio, si passa alla botte: «Ma non possiamo trascurare che in questa vicenda ci sono anche altre persone che vanno protette, vale a dire la giovane ragazza e i suoi familiari». Poi l'inevitabile «rispettiamo il lavoro della magistratura», e l'assicurazione che M5s è in prima linea nella «lotta contro la violenza sulle donne».
Del resto Grillo tiene ancora in mano le chiavi del partito, e criticarlo troppo apertamente metterebbe a rischio le ambizioni di leader, e scatenerebbe i veleni interni. Di qui il lungo silenzio e la cautela delle parole scelte. Ma la tecnica della testa nella sabbia ieri aveva alimentato un forte nervosismo nel Pd, facendo venire allo scoperto chi nutre forti dubbi sull'alleanza strategica col partito di Grillo e Conte. Dopo un virgolettato di circostanza affidato al giornale di riferimento Repubblica («Frasi inaccettabili»), Enrico Letta ha mandato avanti il suo vice. «Parole inaccettabili - ripete Peppe Provenzano - il M5s acceleri la sua transizione, e con la guida di Conte abbracci i principi dello Stato di diritto». Un messaggio a Conte perché si decidesse a parlare, visto che la «guida» che dovrebbe convertire i manettari allo Stato di diritto era latitante, come faceva sarcasticamente notare a Provenzano la deputata Pd Giuditta Pini con un tweet fulminante: «Conte infatti ha fatto dichiarazioni molto nette di presa di distanza dall'accaduto. Segnalo quella che mi ha colpito di più». Seguono due punti, virgolette aperte e il vuoto. «Il silenzio di Conte preoccupa molto: l'ex premier dica se sta con chi denuncia uno stupro o con chi attacca le vittime», attaccava l'ex ministra Valeria Fedeli.
«Altrimenti è difficile anche solo ipotizzare alleanze privilegiate con M5s», incalzava l'ex capogruppo Marcucci. Che non molla neppure dopo il comunicato serale di Conte: «Una risposta che lascia molte perplessità: la violenza verbale di Grillo resta senza una vera presa di distanza del M5s».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.