Coronavirus

Giusto rispettare le regole

Il prefetto di Trieste non è il generale Bava Beccaris

Giusto rispettare le regole

Il prefetto di Trieste non è il generale Bava Beccaris. E il popolo No Vax e No Pass che ha stabilito nel capoluogo giuliano la sua enclave di resistenza al passaporto vaccinale e alla «dittatura sanitaria», non è nemmeno lontanamente paragonabile alla cittadinanza milanese insorta nel 1898 contro l'aumento del prezzo del grano (e del pane). La «rivolta dello stomaco» venne sedata con fucili e cannonate, 83 i morti lasciati sul selciato. Oggi Valerio Valenti, il rappresentante del governo di stanza a Trieste e in procinto di trasferirsi a Firenze, ha semplicemente notificato che - fino al 31 dicembre - in piazza Unità d'Italia sarà vietato manifestare con «assembramenti statici» e per i partecipanti ai cortei è d'obbligo indossare la mascherina e tenere il metro di distanza. La (infelice) sintesi di alcuni titoli giornalistici sulla «compressione della libertà di manifestare» si riferisce a questi tre elementi. E ci si è arrivati perché - come ha spiegato anche il sindaco Roberto Dipiazza, appena rieletto per il quarto mandato - in giorni di manifestazioni senza remore, vincoli e controlli i contagi a Trieste galoppano. Sono ormai un centinaio i casi legati direttamente al «focolaio della protesta», raddoppiati i contagi in una settimana, con un'incidenza a 350 (su 100mila abitanti): roba da lockdown. L'ospedale giuliano è al collasso, con decine di persone affette da polmonite che non riescono a ricevere un'assistenza adeguata. E infatti la motivazione che sottosta alla decisione presa nel comitato per l'ordine e la sicurezza è la tutela del «diritto alla salute» di tutti i triestini. Quelle 30mila persone che - come ha raccontato Fausto Biloslavo sul Giornale di ieri - hanno sottoscritto una petizione Sì Vax, per urlare che «Trieste è la capitale italiana della scienza e della scienza si fida». Per evitare a tutti - compresi i pasdaran della «libertà a ogni costo» - il ritorno in zona gialla. Con limiti e restrizioni che sarebbero una zavorra insulsa ed eccessiva per una città che, come tutto il Paese, sta cercando faticosamente di rialzarsi dopo 18 infiniti mesi di pandemia. I «duri e puri», guidati dal portavoce dei portuali Stefano Puzzer, potranno continuare a scioperare e a tenere i loro sit-in contro l'obbligo di green pass. E potranno persino - come ha fatto l'ex pugile Fabio Tuiach nei giorni scorsi - dare la colpa di un (presunto) contagio all'acqua degli idranti usati dalle forze dell'ordine per disperdere la protesta. Perché questo non è il Regno d'Italia che fronteggia i moti per il pane, ma la Repubblica italiana che sta cercando di risollevarsi dalla più drammatica crisi prima sanitaria e poi economica della sua travagliata storia. Faranno il santissimo piacere di manifestare in movimento, distanziati e indossando una mascherina. Altrimenti sono liberi di varcare il confine.

E portare il Covid altrove.

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