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Il governo apre a banche e imprese. Sbloccare i crediti usando le tasse dei cittadini

Arriva l'apertura del governo alla strada degli F24 per tamponare l'emergenza crediti edilizi

Il governo apre a banche e imprese. Sbloccare i crediti usando le tasse dei cittadini

Arriva l'apertura del governo alla strada degli F24 per tamponare l'emergenza crediti edilizi. L'ipotesi è che attraverso la compensazione delle tasse raccolte dalle banche per conto dei clienti, si andrebbe ad ampliare la capacità degli istituti di assorbire nuovi crediti. Secondo prime stime in via di affinamento la cifra sul piatto sarebbe di circa 30 miliardi di euro ancora disponibili, che verrebbero utilizzati per sbloccare i 19 miliardi di crediti rimasti incagliati nei cassetti fiscali delle imprese edilizie. Il Mef pensa anche al coinvolgimento delle partecipate. Questo è emerso dal tavolo di ieri a Palazzo Chigi, a cui hanno partecipato il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, e altri esponenti del governo tra cui il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto e i sottosegretari Alfredo Mantovano e Fausta Bergamotto, con le associazioni di categoria delle imprese. Prima sono stati ricevuti i rappresentanti di Abi (l'associazione bancaria italiana), Sace e Cdp.

«Siamo soddisfatti», ha commentato la presidente dell'Associazione nazionale costruttori edili, Federica Brancaccio, che ha riferito di una riflessione in corso nel governo per «consentire ancora lo sconto in fattura per alcune fasce di reddito e per gli incapienti» oltre che ai lavori legati al post sisma. Su questo punto, però, il Mef avrebbe precisato che ogni intervento dovrà avere prima le relative coperture. Soddisfatta a metà Confedilizia: «Bene gli F24, ma non è stato detto nulla sulle altre proposte», riferisce il presidente Giorgio Spaziani Testa. Le misure verranno affinate in tavoli tecnici successivi, che saranno convocati nelle prossime settimane.

Il governo, al termine dell'incontro, ribadisce il suo impegno «a trovare le soluzioni più adeguate per quelle imprese del settore edilizio che hanno agito correttamente nel rispetto delle norme». Il decreto del 16 febbraio, infatti, non ha risolto il problema sullo smaltimento del pregresso. Questi crediti, infatti, sono bloccati nei cassetti fiscali di imprese edili che hanno anticipato i soldi per i lavori, ma non sono riusciti a cederli alle banche per incassare e quindi rischiano la crisi di liquidità. La Fabi, la Federazione autonoma bancari italiani, ha diffuso alcuni numeri: «La capienza fiscale delle banche per gestire i crediti fiscali del Superbonus è di 81 miliardi e il tetto è stato raggiunto da tempo», spiega il segretario generale Lando Maria Sileoni. «Ma i crediti complessivi hanno superato quota 105 miliardi». Il conto, secondo Fabi, è anche più alto di quello ipotizzato dal governo e quindi sarebbero da trovare 24-25 miliardi (se si contano crediti incagliati e lavori rimasti nel limbo). Se non la si trova, per Sileoni si rischia «il fallimento di 25.000 imprese».

C'è poi un'altra spada di damocle sulla testa del governo: ieri, la Commissione europea ha affermato che nelle prossime settimane Eurostat e Istat «decideranno insieme» come considerare i crediti d'imposta generati dal Superbonus, al fine di capire se conteggiarli o meno come debito pubblico aggiuntivo (e non solo come deficit). Se Istat ed Eurostat escluderanno i crediti dal debito, allora per il governo si aprirebbero importanti spazi di manovra.

Il decreto, intanto, da giovedì inizierà l'esame alla commissione Finanze della Camera.

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