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"Il governo ci ascolta. Bene nuovi sussidi e stipendi più pesanti"

Il leader Ugl: "Il reddito di cittadinanza ha creato storture e il salario minimo non serve"

"Il governo ci ascolta. Bene nuovi sussidi e stipendi più pesanti"

«Apprezziamo che il governo, prima del Consiglio dei ministri, abbia convocato le parti sociali anche se i tempi sono strettissimi». Francesco Capone, segretario generale dell'Ugl, commenta così la decisione del premier Giorgia Meloni di intervenire con un decreto ad hoc sul mondo del lavoro che sarà varato proprio nel giorno della Festa dei Lavoratori.

Segretario, cosa pensa della riforma del reddito di cittadinanza?

«Il reddito di cittadinanza, che copriva sia i soggetti fragili sia gli abili al lavoro, forse ha creato una stortura. È stato uno strumento che casualmente ha anticipato la pandemia ed è servito a molti che non hanno avuto la possibilità neanche di cercare un lavoro. Oggi, però, bisogna tutelare le persone fragili per motivi sociali, familiari e di salute, mentre per gli abili al lavoro vanno applicate in maniera sostanziale le politiche attive. È necessario collegare il sussidio alla partecipazione a cicli di formazione, mettendo in campo tutti gli strumenti utili a superare il mismatching che c'è tra domanda e offerta di lavoro».

Qual è, attualmente, la situazione del mondo del lavoro giovanile in Italia?

«In questi giorni abbiamo presentato uno studio fatto insieme al Censis dal titolo Il lavoro è troppo o troppo poco che ci restituisce un quadro molto chiaro, soprattutto per quello che riguarda i giovani. Uno dei paradossi è che non abbiamo mai avuto nella storia del nostro Paese così tanti giovani che studiano e, malgrado questo, non riescono a trovare lavoro. Dall'altra parte ci sono alcune aziende che non riescono a trovare manodopera. Nei prossimi tre anni ci saranno 3.700.000 nuovi lavoratori che non hanno gli skill necessari per entrare nel mondo del lavoro. Evidentemente c'è un disallineamento tra i percorsi di studio e quelli che le persone scelgono senza un sistema di orientamento valido».

Poi c'è tutto il tema relativo alla precarietà del lavoro

«Oggi viviamo in un sistema produttivo in cui è piuttosto facile e conveniente cambiare i luoghi di produzione. Dobbiamo spingere di più sui contratti a tempo indeterminato, ma non mi sembra che quello che proporrà il governo sui contratti a termine sia un uno strumento di precarizzazione ulteriore».

Perché?

«Verranno mantenute le causali e la durata massima di due anni per il rinnovo, ma la definizione di quali e quante causali possono essere inserite verranno rimandate alla contrattazione nazionale tra sindacato e rappresentanti delle aziende. Non c'è una sostanziale peggioramento. Anzi, c'è un modellamento delle causali categoria per categoria».

Il taglio del cuneo fiscale può essere una misura utile per i lavoratori?

«Anche l'intervento sul taglio del cuneo fiscale è uno degli strumenti principali per dare più risorse ai lavoratori perché è vero che abbiamo un costo del lavoro molto alto, ma è altrettanto vero che c'è una tassazione superiore a quella di tutti i Paesi dell'Ocse sul lavoro. Il taglio del cuneo fiscale da parte del lavoratore darà qualche risorsa in più ed è un segnale in un momento in cui l'inflazione è ancora molto alta».

È favorevole al salario minimo?

«Il salario minimo è un'illusione ottica perché, in realtà, noi non abbiamo salari troppo bassi per ora lavorata tranne che in una piccola parte. Quasi il 90% dei lavoratori sono coperti da un contratto collettivo nazionale di lavoro che, ad eccezione di un solo caso, hanno delle basi di partenza assolutamente superiori a quello che prevedono le proposte che girano tra le Aule parlamentari sul salario minimo. Il tema vero è che noi dobbiamo dare un salario dignitoso che consenta alla persona la sopravvivenza e il sostegno della propria famiglia, così come prevede la Costituzione.

Questo non si ottiene con il salario minimo, ma limitando il part-time involontario cioè quello che ti impone l'azienda o alcune cooperative. Non ci serve il salario minimo, non risolverebbe il problema degli stipendi troppo bassi».

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