Roma«Per molti ma non per tutti». Come nel famoso slogan di oltre vent'anni fa, anche il governo di Matteo Renzi sta pensando di limitare il rimborso della mancata indicizzazione delle pensioni a una platea più ridotta di quella che effettivamente ne avrebbe diritto. La sentenza della Corte Costituzione che ha «scongelato» il blocco delle rivalutazioni per i trattamenti superiori a tre volte il minimo, previsto dal decreto «salva-Italia» di Mario Monti, sta seminando il panico nell'esecutivo. E per tenere sotto controllo il bilancio pubblico non c'è che una soluzione: restituire qualcosa ai meno abbienti e penalizzare i vitalizi più sostanziosi. In caso contrario, dato per certo che il presunto «tesoretto» da 1,6 miliardi non esiste già più, si rischia di far esplodere le famigerate «clausole di salvaguardia» nel 2016, cioè l'aumento di Iva e accise per complessivi 16 miliardi.
Lo ha messo nero su bianco il sottosegretario all'Economia nonché leader di Scelta Civica, Enrico Zanetti, ieri pomeriggio affermando l'impossibilità di «restituire a tutti l'indicizzazione delle pensioni: per quelle più alte sarebbe immorale e il governo deve dirlo forte». Una sortita che ha creato non pochi malumori a Via XX Settembre e anche a Palazzo Chigi perché, dopo giorni di tentennamenti, mezze frasi e voci di corridoio, si è dovuta prendere una posizione più o meno ufficiale. «Stiamo pensando intensamente sia agli aspetti istituzionali che di finanza pubblica», ha affermato il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, aggiungendo che sono allo studio misure che «minimizzino l'impatto sui conti pubblici, nel pieno rispetto della Corte». Fonti di governo hanno sottolineato che «il mancato rimborso di tutte le pensioni toccate è una soluzione compatibile con la sentenza».
La rivalutazione delle pensioni andrà a scalare con l'aumentare dell'assegno. È lo stesso Enrico Zanetti a entrare ancor più nel dettaglio della materia: il governo deve elaborare un sistema nel quale «l'aspetto della gradazione sarà centrale». La soluzione? Si troverà «nell'ordine delle settimane» con un provvedimento», conclude. La sentenza della Consulta, anche se non è stata ancora pubblicata, è autoapplicativa, cioè è immediatamente valida e non servirà un ricorso per ottenere i rimborsi. Il Consiglio dei ministri dovrà sbrigarsi.
La vicenda, come già documentato dal Giornale , è complicata. Secondo l'ultima elaborazione dell'ufficio studi della Cgia di Mestre, al netto dell'Irpef la sentenza della Consulta costa oltre 16,6 miliardi di euro poiché bisogna restituire a 5 milioni di pensionati il mancato adeguamento Istat. Nel calcolo entrano anche gli effetti sul 2014-2015, poiché l'attualizzazione relativa a questo biennio è stata effettuata su un importo mensile minore, proprio a seguito della normativa dichiarata incostituzionale. E quei 16,6 miliardi equivalgono proprio alla clausola di salvaguardia che potrebbe scattare nel 2016. Di qui l'ipotesi di ridurre il rimborso limitandolo alle pensioni più basse. Oppure trovare un extra-finanziamento imponendo un contributo di solidarietà a quelle più elevate (misura già bocciata dalla Consulta nel 2013). Ma Palazzo Chigi smentisce. «Valgono solo le parole di Padoan», si fa sapere in serata per rasserenare gli animi.
L'opposizione alza il tiro.
«È una rapina di Stato: si deve essere pronti a una class action», ha commentato Daniela Santanché (Fi). «L'Italia non comprometta il rispetto del patto di Stabilità» è, invece, il perentorio altolà della Commissione Ue.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.