
Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera, su quali basi il Parlamento valuterà la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti dei ministri Nordio, Piantedosi e del sottosegretario Mantovano?
"Le carte sono state recapitate alla Giunta per le autorizzazioni solo nel tardo pomeriggio. Come sempre, la Camera deciderà sulla scorta degli elementi a sostegno della richiesta di autorizzazione".
Si profila un conflitto tra potere legislativo ed esecutivo e magistratura?
"Quotidianamente leggiamo provocazioni di esponenti della galassia associativa della magistratura per non dire delle toghe stesse. Io rivendico alla politica il primato delle sue decisioni e delle sue responsabilità che non devono essere mai figlie di una soggezione alla magistratura".
La maggioranza negherà l'autorizzazione a procedere?
"Assumeremo la stessa posizione ribadita in questi mesi: che cosa sarebbe successo, a quali rischi sarebbero stati esposti i cittadini italiani se il generale Almasri non fosse stato espulso? C'era un'ipotesi alquanto fondata che l'atto, pasticciato e tardivo della Corte Penale internazionale, ove fosse stata eseguita avrebbe potuto scatenare eventi nefasti per la nostra sicurezza? È tutto qui il senso della decisione assunta dal governo, la domanda è ancora una volta what if', cioè qual era lo scenario a cui andava incontro l'Italia e gli italiani nel caso del trattenimento di Almasri".
Che cosa sarebbe potuto accadere?"
"Il principio di realtà obbliga un governo a poter sopportare, a dover sopportare, di sacrificare sull'altare del più alto valore, che è quello della vita e della protezione dei suoi cittadini, qualsiasi altra cosa. La verità, se ci si spogliasse della camicia di forza che imprigiona alcuni nella logica di schieramento, è che all'arresto di Almasri avrebbe corrisposto la condanna per chissà quanti dei 1.500 italiani presenti in Libia o anche la ritorsione con atti violenti nel nostro territorio. Il governo, che subisce la procedura di un arresto irrituale e deve prendere suo malgrado atto della scarcerazione disposta dai giudici della Corte di appello di Roma, doveva espellere Almasri immediatamente come ha fatto".
Non teme che un diniego possa essere percepito come una protezione politica a scapito della trasparenza?
"L'unica protezione data in questa vicenda è stata nei confronti degli italiani in Libia e nel nostro paese non esponendoli a ritorsioni. Il governo avrebbe potuto prendere la strada del segreto di Stato e invece ha agito alla luce del sole e non con il favore delle tenebre".
Ritiene preoccupante per l'equilibrio tra poteri il fatto che tre esponenti del governo siano messi sotto indagine per decisioni prese in un'ottica di difesa dell'interesse nazionale?
"È assai preoccupante perché figlio di una applicazione distorta del diritto.
Questa vicenda non sarebbe dovuta nemmeno cominciare proprio perché l'unico faro del governo è stato preservare non l'interesse ma la sicurezza nazionale che, ribadisco, è il bene più prezioso trattando della vita dei cittadini su cui si fonda la difesa della democrazia. Sottoporre quella che è una decisione politica al vaglio della magistratura, snatura in radice il principio della separazione con un cortocircuito pericoloso per la Repubblica".