A voler essere teneri nei confronti di Palazzo Chigi, si potrebbe dire che ieri Matteo Renzi ha cercato di lanciare l'ennesimo pallone-sonda anti austerità, ma Bruxelles gliel'ha immediatamente abbattuto. È questa la sintesi degli interventi a quotidiani unificati dei due viceministri dell'Economia, Morando e Casero, su un anticipo del taglio dell'Irpef al 2017, successivamente smentito nel pomeriggio dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Tommaso Nannicini. Il risultato è una gran confusione che non riaccende la speranza di una diminuzione della pressione fiscale semmai autorizza a ritenere possibile il contrario.«Può esserci spazio per anticipare l'operazione (di riduzione dell'Irpef) al 2017, purché la Ue sia coerente con se stessa concedendo agli Stati la flessibilità prevista. Senza sfondare il tetto del 3%», ha dichiarato il viceministro Enrico Morando (Pd) al Corriere alludendo a un taglio strutturale dei contributi previdenziali come mezzo per abbattere le tasse sul reddito. «L'obiettivo prioritario per il prossimo anno è non far scattare la clausola di salvaguardia e dunque bloccare l'aumento Iva. E poi mantenere l'impegno di abbassare quattro punti di Ires. Se però riusciamo a concordare una politica europea orientata a crescita e sviluppo, allora tutte le risorse aggiuntive saranno concentrate a diminuire le tasse», gli ha fatto eco su Repubblica, l'altro viceministro Luigi Casero (Ncd).Come si nota dalle parole utilizzate, la strategia è stata probabilmente concordata. Entrambi hanno ribadito l'impegno a evitare che nel 2017 scattino le clausole di salvaguardia su Iva e accise da complessivi 15 miliardi. Entrambi hanno confermato il taglio dell'Ires che costa almeno 5 miliardi. E tutti e due hanno aperto a un anticipo della sforbiciata sull'Irpef, Europa permettendo. Come è accaduto per la flessibilizzazione dell'età pensionabile, l'Europa non ha permesso e nel pomeriggio è toccato al sottosegretario Nannicini (sua l'idea di tagliare i contributi previdenziali al posto dell'Irpef; ndr) fare marcia indietro. «Il cronoprogramma rimane quello indicato da Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan e cioè Ires nel 2017 e Irpef nel 2018», ha dichiarato vanificando la fuga in avanti dei due colleghi.Oggi l'Istat pubblicherà il dato definitivo del Pil 2015 che dovrebbe attestarsi sul +0,6% della stima preliminare determinando un effetto di trascinamento negativo sulla crescita dell'anno in corso che molto probabilmente non raggiungerà il +1,6% previsto nel Def. Visto il riaffacciarsi della deflazione appare molto arduo poter aggiungere altra carne al fuoco della riduzione delle tasse. Il bonus da 80 euro costa 10 miliardi, il taglio dell'Ires sulle imprese altri 3 miliardi. Intervenire sull'Irpef potrebbe portare il totale a superare quota 30 miliardi, soprattutto se si desse corpo - come previsto - ai rinnovi contrattuali della pubblica amministrazione (i cui stipendi costano già 170 miliardi all'anno). «È un governo in delirio che basa le sue certezze su scenari irrealizzabili», ha chiosato Renato Brunetta (Fi).Occorre ricordare che la Stabilità è ancora sub iudice presso la Commissione europea che potrebbe, alla fine, dare un via libera condizionato a una mini correzione da circa 2,5 miliardi (al netto della mancata privatizzazione delle Ferrovie).
È lecito, perciò, supporre che sia stata proprio Bruxelles a spingere perché l'Italia correggesse il tiro, anche perché Renzi e Padoan intendono impostare la Stabilità 2017 sulla flessibilità, cioè sul deficit portandolo al 2,9%, cioè 0,4 punti in più di quello atteso quest'anno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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