Il governo non vuole lo scontro aperto. "No comment, puntiamo all'intesa"

L'esecutivo esclude guerre commerciali Il ministro: "Aspettiamo i colloqui Ue". La sinistra anti-italiana subito all'attacco. E Renzi rivolto a Meloni: "Si nasconda"

Il governo non vuole lo scontro aperto. "No comment, puntiamo all'intesa"
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Nel mezzo del braccio di ferro sulla trattativa sui dazi tra Stati Uniti ed Europa, Donald Trump fedele alla sua linea di mediazione muscolare, fatta di continui stop and go, lancia un affondo e minaccia dazi al 50% per l'Unione europea dal primo giugno. Che sia un ballon d'essai o un tentativo di alzare il livello di pressione sui negoziatori non è dato sapere. Il governo italiano, comunque, evita di cadere nella rete delle polemiche, trincerandosi dietro un «no comment» e non rinunciando alla sua linea di moral suasion.

«Aspettiamo i colloqui del commissario Sefcovic con gli interlocutori statunitensi. Ho avuto una lunga telefonata con Sefcovic parlando anche di contenuti, la nostra linea è quella di arrivare a un accordo, nessuna guerra commerciale, l'obiettivo è sempre zero dazi-zero dazi» dice il ministro degli Esteri Antonio Tajani a Città del Messico. A Sefcovic, Tajani riferisce del «messaggio positivo da parte messicana per quanto riguarda la riforma dell'accordo Ue-Messico». «Dobbiamo assolutamente arrivare a un accordo e impedire guerre commerciale. Il grande sogno sarebbe quello di un grande mercato che comprenda tutta l'America del Nord, il Messico, gli Stati Uniti, il Canada e l'Europa. Questo a vantaggio di tutte queste economie. Lavoriamo, bisogna avere pazienza, essere certosini e determinati». Chi professa ottimismo è il sottosegretario all'Economia Federico Freni. «Non sono così esperto di geopolitica per dirvi se è solo un'arma negoziale, ma sono convinto che, come sempre, nelle relazioni bilaterali tra Stati Uniti ed Europa, un'intesa si troverà certamente». Il presidente di «Noi Moderati» Maurizio Lupi, invece, ricorda che «una guerra commerciale non gioverebbe a nessuno, non all'America, non all'Europa. Non servono reazioni emotive. Dobbiamo rafforzare la competitività europea e negoziare efficacemente con gli Usa, consapevoli sia che il nostro continente genera il 22% del PIL globale e che un conflitto commerciale danneggerebbe entrambe le sponde dell'Atlantico. L'Ue deve avere anche la capacità di autoriformarsi per essere più competitiva e affrontare le delicate sfide globali in corso».

Se la maggioranza cerca di diffondere ragionevolezza, l'opposizione decide di cavalcare la sortita di Trump in chiave anti-Meloni e bombardare la premier, non senza compiacimento. La tesi è quella della «figuraccia della pontiera Giorgia Meloni», una linea che va in contraddizione con quanto ripetuto più e più volte dallo stesso centrosinistra, ovvero che le competenze sul merito della trattativa è sono facoltà esclusiva di Bruxelles.

«Dov'è finita la pontiera Meloni che, con il viaggio da Trump, voleva mediare tra Usa e Ue per risolvere il nodo dei dazi?» chiede Angelo Bonelli. Per Nicola Fratoianni «il ponte della Meloni fra Unione Europea e il suo amico Trump crolla miseramente. Da qualunque parte si guardi questo governo produce solo disastri». Sulla stessa linea anche Italia Viva, con Matteo Renzi che cavalca ormai la linea della polemica a tutti i costi, scommettendo evidentemente sul dividendo politico di questa scelta. «Ma quale ponte? In politica estera Giorgia Meloni non conta assolutamente nulla e lo stiamo vedendo sulla nostra pelle, purtroppo». Un certo ancoraggio alla realtà viene dimostrato dal capodelegazione del Pd al Parlamento europeo, Nicola Zingaretti, che commenta dicendo che «ora l'Europa deve rispondere unita, nell'interesse comune della nostra comunità», ricordando che chi è titolare di una risposta è Bruxelles.

Sullo sfondo Giorgia Meloni si muove sul fronte del controllo dei flussi migratori, promuovendo insieme alla Danimarca una lettera, firmata da 9 Paesi europei - Italia, Danimarca, Austria, Belgio, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia e Repubblica Ceca - che chiede la «rimodulazione» di alcune Convenzioni europee sui migranti.

Una iniziativa che come sottolinea il capo delegazione di Fratelli d'Italia al Parlamento europeo Carlo Fidanza segna «l'avvio di una riflessione, trasversale rispetto alle appartenenze politiche dei leader di governo firmatari, è quindi un altro tassello nella necessaria svolta verso un'immigrazione gestita e non più subita».

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