«L'azione salva, il ragionamento uccide». Si apriva così, nel dicembre 1917, un discorso del presidente del Consiglio, Vittorio Emanuele Orlando, mentre la nazione cercava di reagire dopo Caporetto. Si era in guerra. Ma perché, che cosa è questa, se non guerra? Contro un virus di cui nessuno conosce nulla, che ha messo in ginocchio la Cina e ora sta facendo tremare gli Usa. Un virus che ha costretto il governo a misure di stato d'assedio mai prese nella storia repubblicana. Da due giorni poi, rivolte nelle carceri, tanto sincronizzate tra loro da far venire il sospetto che proprio spontanee non siano. E poi il crollo delle borse, l'impennata dello spread. E infine le grida che arrivano dalle imprese del nord, e non solo in realtà, e dai commercianti e dagli esercenti di tutta Italia, costretti a lasciare a casa i dipendenti. Se non è un clima di guerra, questo, non sappiamo cosa altro debba accadere: gli evasi che girano armati per le strade? «L'azione salva, il ragionamento uccide». E il ragionamento sarebbe pensare che, proprio perché siamo in emergenza, debba restare l'esecutivo che c'è. Quando è a tutti evidente, forse persino a molti ministri, che il governo non è la soluzione, è il problema. Questa famosa frase di Ronald Reagan si attaglia perfettamente a Conte. Il quale non si crede Reagan, evidentemente troppo modesto riferimento, ma il Winston Churchill dell'«ora più buia». Quando invece si trova a capo di un'operazione raccogliticcia, un patto di sopravvivenza di partiti disperati, guidata da una figura senza alcuna esperienza politica. Come questo giornale ha scritto, fin dai suoi primi vagiti è stato un governo incapace e inetto, quando le cose sembravano andare, se non bene, discretamente. Figuriamoci ora che siamo in emergenza. Non serve neppure citare i più macroscopici errori collezionati da quando è esplosa la crisi. E ora il suo totale silenzio di fronte al venire meno dell'ordine pubblico e alla prospettiva di un default. Colpisce il silenzio delle forze politiche: quelle di maggioranza sembrano annichilite, con il segretario del Pd relegato in quarantena e i 5 stelle praticamente defunti. Ma anche dalle forze di opposizione, che sondaggi alla mano sono maggioranza nel paese, non sembra levarsi abbastanza forte la percezione del pericolo. Che fino a ieri era quello di una epidemia di massa, ora anche quello di uno sfaldarsi dell'ordine pubblico e di una catastrofe di bilancio. Allora dobbiamo esigere dai partiti, di maggioranza e di opposizione, uno sforzo di azione, come quello chiesto più di un secolo fa durante la guerra, e meno di «ragionamento», nel senso dei giochi politicistici di piccolo cabotaggio. Si è parlato di governissimo, di governi istituzionali: sono passati pochi giorni ma sembrano mesi tanto la situazione si è degradata.
Quello che serve è un governo di salute pubblica, composto da tutte le forze politiche volenterose a salvare il paese, guidato da personalità indipendenti, soprattutto dotato di pieni poteri, quei pieni poteri che, quando il paese è in pericolo, sono indispensabili; un governo in grado di introdurre uno Stato di eccezione, anche varando leggi speciali, se necessario. «Resistere resistere resistere»: si chiudeva così il discorso di Orlando. Ma per farlo ci serve un esercito, in senso proprio e in senso figurato. Ai politici il compito di costruirlo.
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