Il quadro investigativo si complica: la corrente era staccata nell'appartamento (vuoto) al 15esimo piano del grattacielo di via Antonini a Milano da dove sarebbe partito il rogo devastante. La prima ipotesi sulle cause quindi, quella del cortocircuito di un elettrodomestico, perde di forza e il lavoro degli inquirenti si fa più intricato. Non solo. Dalle testimonianze raccolte finora nell'inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e dal pm Marina Petruzzella emerge che gli inquilini presenti al momento del disastro, che sono stati tutti portati in salvo, non hanno sentito suonare alcun allarme antincendio quando si sono accorti dall'odore e dal fumo che le fiamme stavano divampando nel palazzo. La Procura ha aperto un fascicolo a carico di ignoti per disastro colposo.
A staccare l'elettricità nell'appartamento da cui tutto avrebbe avuto origine sarebbe stato lo stesso proprietario, in vista di una lunga assenza, che vive da solo e che si trova ancora in vacanza. Il dettaglio è stato riferito agli investigatori dal custode del grattacielo che cinque giorni prima dell'incendio è entrato nell'abitazione per annaffiare le piante. Saranno i resoconti dei consumi elettrici, forniti dalla società A2a, a chiarire se il contatore fosse completamente inattivo oppure se si sia registrato un picco anomalo di consumo in un determinato momento. Segnale chiaro, questo, appunto di cortocircuito o di malfunzionamento di un impianto casalingo, tra le cause più comuni di incendi accidentali. La ricerca riguarderà anche altri appartamenti. Rimane in piedi poi la pista di una scintilla partita da una batteria o da un cellulare surriscaldati.
I vigili del fuoco sono riusciti a entrare nell'appartamento da cui si è vista uscire la prima colonna di fumo solo lunedì sera, dalla finestra grazie all'autoscala, e ci sono tornati ieri. I pompieri sono dovuti intervenire inoltre perché nella notte di lunedì alcuni focolai che covavano sotto le macerie si sono riaccesi. In Procura sempre ieri è arrivata la prima relazione della polizia. Sono state le Volanti infatti a fare l'iniziale intervento alla Torre dei Mori, portando fuori molti residenti.
Acquisiti poi i registri delle attività di manutenzione e revisione sulla torre. E, negli uffici tecnici del Comune di Milano, tutti i documenti relativi alla concessione edilizia che ha permesso di realizzare l'edificio completato nel 2011. Le carte serviranno a trovare i nominativi delle società coinvolte nella costruzione, dei responsabili dei lavori e dei progettisti. Indicazioni indispensabili per gli accertamenti e per le eventuali iscrizioni nel registro degli indagati. È probabile che gli inquirenti richiederanno pure i documenti della Moro Real Estate dell'immobiliarista Alberto Moro, la società che ha inglobato quella che ha realizzato il grattacielo.
Le fiamme che si sono scatenate domenica hanno in pochi minuti invaso l'intero edificio, in particolare i pannelli del rivestimento esterno sono andati totalmente in fumo.
Un involucro termico, evidentemente non ignifugo, che era fatto di Alucobond, lo stesso materiale usato per la Grenfell Tower di Londra, nel cui rogo del 2017 morirono 72 persone. Dalla ricognizione fatta con un drone tuttavia si è visto che alcuni appartamenti, e alcuni balconi, sono rimasti incredibilmente intatti. Così i garage interrati.
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