Magistratura

Gratteri capo a Napoli riesce a spaccare il Pd

Il procuratore di Catanzaro nominato dal Csm. Esulta il centrodestra, sinistra in ordine sparso

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Nicola Gratteri aveva due sogni nel cassetto: diventare sostituto procuratore a Napoli e diventare capo della Procura antimafia («ma non per ambizione»). Lo aveva rivelato lui stesso in una pseudolettera a Babbo Natale datata 1996 che campeggia su una parete a Catanzaro. Sede che il coraggioso pm antimafia nato a Gerace nel 1958 lascerà (dopo 31 anni in Calabria) per guidare la Procura di Napoli - scoperta dal maggio 2022 dopo la nomina di Giovanni Melillo all'Antimafia - grazie ai 19 voti che il Csm gli ha tributato.

Agli altri due candidati proposti dalla commissione per gli incarichi direttivi, cinque voti sono andati a Giuseppe Amato, procuratore di Bologna (votato dai tre togati di Unicost, dalla prima presidente della Cassazione Margherita Cassano e dall'indipendente Roberto Fontana) e otto a Rosa Volpe, aggiunto a Napoli e reggente (votata dal Pd Roberto Romboli, Area e Md). In favore di Gratteri hanno invece votato il centrodestra, i togati di Magistratura indipendente, il laico M5s Michele Papa, Ernesto Carbone in quota Azione-Iv e soprattutto il vicepresidente del Csm Fabio Pinelli (nel tondo). Un consenso non scontato e non necessario, un segnale che il governo «benedice» questa scelta - mentre la sinistra giudiziaria si spacca ancora una volta - per ridare dignità a un territorio come quello della Campania in cui una camorra pulviscolare e spezzettata in tante paranze (ma ancora forte) la fa da padrona. Vedremo presto se la ricetta law and order che il pm calabrese trasferirà a 500 km di distanza darà i frutti nella lotta alla criminalità organizzata e alla borghesia mafiosa che finora non è stata scalfita dalle indagini, come invece è avvenuto in una Calabria che si ritrova orfana del suo coraggio e della sua tenacia, riscontrata nelle sue inchieste sulla zona grigia, da Crimine a Rinascita-Scott, non senza qualche polemica sui troppi arresti smontati da giudici e Riesame. L'ingombrante eredità che lascia rende molto difficile per il Csm il compito di sostituirlo. Vedremo.

Il verdetto era scritto da settimane, nonostante fino all'ultimo sulla strada di Gratteri si siano frapposti diversi ostacoli. Da un lato il malessere della procura partenopea filtrato da alcuni giornali di sinistra (da Repubblica al Domani) per l'avvertimento di Gratteri a suoi prossimi sottoposti («Se vado io a Napoli e vuoi fare procura devi venire la mattina e te ne esci la sera, a meno che non sei in udienza», aveva detto al Csm Gratteri per sponsorizzare la sua candidatura), dall'altro il rischio che la sua indipendenza assoluta da correnti e condizionamenti politici potesse mandare in tilt la Procura più grande e più politicizzata d'Italia, con oltre 100 pm, dove sarà più difficile imporre il suo metodo senza entrare in attrito con magistrati e forze dell'ordine.

Gli apprezzamenti per la sua nomina sono bipartisan, da Forza Italia al Pd (che pure non l'ha votato). Il centrodestra esulta: «Grandissimo lavoratore, uomo onestissimo, implacabile con la criminalità organizzata, saprà contrastare la camorra con fermezza», dichiara Andrea Delmastro delle Vedove, sottosegretario Fdi alla Giustizia. «La tua esperienza e il tuo rigore. Buon lavoro», scrive l'ex cronista Sandro Ruotolo, uomo chiave della segreteria nazionale Pd sulle mafie. È una vittoria anche dell'ex premier Matteo Renzi, che nel 2014 lo voleva addirittura ministro della Giustizia, incarico per il quale poi fu scelto Andrea Orlando. Il «suo» candidato Carbone lo ha sostenuto nonostante l'intemerata dell'altro giorno in aula del renziano Roberto Giachetti in Parlamento contro una delle sue ultime uscite («Non mi intimidiscono i parlamentari imbeccati da indagati per mafia», la sua frase al Csm il 30 maggio scorso») che ha rivendicato l'autonomia della politica rispetto alle critiche per le sue manette troppo facili.

Segno che imbrigliare politicamente o condizionare l'ex pm è impossibile.

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