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Grillini da osteria sul caso Siri: "Matteo, tira fuori le palle"

Il M5s alza i toni contro l'alleato per recuperare voti Di Maio: "Se non lascia chiederemo la sua revoca"

Grillini da osteria sul caso Siri: "Matteo, tira fuori le palle"

Minare, uno alla volta, tutti i punti di forza di Matteo Salvini, l'attacco grillino è così scientifico che pare guidato da un algoritmo. C'è stato l'assalto all'arma bianca sull'ancoraggio a destra della Lega, con l'accusa di intelligenza con i fascismi, poi il sermone sulla questione morale, che Salvini aveva brandito come arma per riverginare la sua nuova Lega, appena ieri le bordate sulla sicurezza, cavallo di battaglia del Capitano. L'ultimo capitolo è il celodurismo, tratto distintivo che univa la vecchia e la nuova Lega.

Il colpo di cannone che dà il via alle ostilità di giornata, lo ha spara il solito Blog delle Stelle con un affondo prossimo all'insulto: «Sulla questione morale il Movimento 5 Stelle non fa passi indietro e alla Lega chiediamo di non cambiare sempre discorso, ma di tirare fuori le palle su Siri e farlo dimettere». Così i grillini rubano perfino lo stile linguistico all'alleato-rivale e riportano, come fanno quotidianamente da giorni e giorni, il discorso sul caso del sottosegretario indagato per corruzione che, al momento, resta il più forte strumento dialettico in mano ai 5 Stelle.

Luigi Di Maio sa che il gioco non può durare in eterno e anche i sondaggi stanno dando soddisfazioni, ma decrescenti. E così alza ancora un po' la posta per sfruttare il giochetto fino all'ultimo. Il nuovo passo, più ancora che quello di passare all'insulto machista, è la rivendicazione dell'ultimatum a Siri. Fino a ieri presentato come mossa autonoma di Conte, ora Di Maio rivendica a sé anche quella ribalta aggiungendo un'informazione fin qui riservata ai retroscena. Parlando in tv a Mezz'ora in più, il capo politico dice che la posizione del Movimento su Siri «è dirimente al punto che abbiamo chiesto e ottenuto dal presidente del Consiglio che senza dimissioni sarà promosso il Dpr di revoca». In più Di Maio «convoca» il consiglio dei ministri per «giustiziare» Siri, che «al 99% sarà mercoledì». Così, in un solo colpo, rimette sotto pressione Salvini, crea un nuovo D-Day per il governo e riporta il premier Conte al suo ruolo di burattino i cui fili sono appesi a 5 stelle. La strategia è chiara, rimarcare che la Lega in fondo è un vecchio partito, mica come i 5S. Tanto che ieri è stato ripescata anche una frase di Salvini su una sottosegretaria Pd indagata, Simona Vicari: «Le dimissioni non mi soddisfano».

L'arrendevolezza di Salvini ha reso il vicepremier grillino più spavaldo. Con un effetto collaterale tutt'altro che sgradito: la nuova linea ricompatta il partito. Tanto che non solo si è unito al duello contro Salvini anche Roberto Fico, ma è perfino tornato in campo Alessandro Di Battista. Il treno è lanciatissimo: resta la solita incognita: i due vicepremier hanno idea di come evitare lo schianto? Dalle retrovie pentastellate emerge una convinzione: che nella Lega a volere la crisi sia soprattutto Giorgetti, visto però dal Movimento come un potenziale rivale di Salvini per la leadership leghista. Matteo, ragionano i grillini, ieri ha risposto a tono («tappatevi la bocca, ultimo avviso») ma sa che in caso di crisi i «poteri forti» contrasterebbero una sua ascesa a Palazzo Chigi, preferendogli una figura come quella di Giorgetti. E per questo sono convinti che alla fine sarà Siri a fare un passo indietro e si potranno raffreddare gli animi per evitare di arrivare alle elezioni con un governo troppo stremato dalle polemiche.

Ecco perché hanno affidato a Conte il ruolo del pompiere che esclude di andare «alla conta» in Cdm. Avranno fatto bene i calcoli?

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