P er i titoli di giornali c'è sempre Beppe Grillo a disposizione, con le sue battute al fulmicotone, con la sua irriverente iconoclastia. Per le dirette tv, specialmente quelle notturne durante lo spoglio elettorale, c'è l'astro nascente Luigi Di Maio, con la sua composta serenità e la sua incisiva autorevolezza. Il comico genovese e il giovanissimo vicepresidente della Camera dei deputati finiscono per essere i punti cardinali di questo Movimento 5 Stelle che torna protagonista dell'agone politico. Il risultato di queste Regionali parla chiaro: non si può far finta di niente. I grillini sono la seconda forza politica sfiorando il 20% dei consensi. E soprattutto, insieme con la Lega di Salvini, sono l'unico soggetto politico a crescere o quanto meno a confermare i buoni risultati ottenuti nelle Politiche del 2013 e nelle Europee dello scorso anno. In verità, rispetto alle Europee i grillini hanno preso 889mila voti in meno (il fatto di aver raggiunto la stessa percentuale si deve al forte astensionismo).
Ieri Grillo non era a Roma con i suoi, riuniti per analizzare i risultati del voto. Ma ha voluto comunque essere presente con un videomessaggio. Lui si può permettere di spernacchiare gli avversari. Bistratta la Serracchiani (che aveva appena giudicato «irrilevante» la performance dei pentastellati), svillaneggia Renzi, De Luca e gli «impresentabili». Per finire con un'insidiosa battuta ironica sulle Europee del 2014: «Quello che mi ha scioccato è questo passare del Pd dal 41% alle percentuali di adesso. O alle Europee è stato fatto qualche piccolo ritocco, sennò non so come spiegarmi questa cosa qui».
Rivolgendosi ai suoi torna a parlare con voce suadente e con sguardo profondo. Dice che non c'è questione di accordi o «inciuci». Il rigore del Movimento (che per un banalissimo lapsus chiama talvolta «partito») e la sua stessa linea politica sono argomenti vincenti. E torna a enumerarne i punti salienti: reddito di cittadinanza, energie rinnovabili, abolizione di Equitalia, e così via. L'unico che non bistratta ma che, al contrario, quasi ringrazia con educazione è il neo governatore pugliese Michele Emiliano. Questi ancor prima dell'apertura dei seggi aveva offerto un'alleanza ai grillini (proponendo loro l'assessorato all'Ambiente). «Il Movimento voterà in consiglio regionale (e in parlamento) ogni proposta che è contenuta nel suo programma o che porti beneficio ai cittadini. Le alleanze o gli inciuci non ci appartengono».
Poi c'è la maliziosa freddezza di Luigi Di Maio che l'altra sera faceva notare che ormai il «boccone amaro» dell' Italicum non è più così indigeribile. Anzi. «In effetti - spiega ai microfoni de La 7 - siamo già pronti per le Politiche. Questo sistema non ci penalizza. Possiamo vincere. E sono convinto che saranno gli stessi che hanno scritto questa legge elettorale a chiederne nel prossimo futuro l'abolizione». I grillini, tra l'altro, sono gli unici a parlare di programmi. Roberto Fico, ora presidente della Commissione bicamerale di Vigilanza, ma cinque anni fa candidato in Campania dei 5 Stelle, ha le idee chiare su cosa accadrà già da domani al Consiglio regionale. Allora non arrivò al 2%. Oggi la sua compagna di movimento, Valeria Ciarambino, ha preso dieci volte i suoi voti. Quindi l'entusiasmo fa guardare al futuro con ottimismo: «Proporremo fin da subito disegni di legge per le bonifiche e per l'autosufficienza energetica». Per non parlare del solito «reddito di cittadinanza» e del taglio degli stipendi dei consiglieri come già fatto per i parlamentari.
L'avellinese Di Maio e il napoletano Fico, però, già pensano alle comunali del capoluogo campano che si terranno il prossimo anno. Domenica a Napoli i grillini hanno ottenuto un ottimo risultato (li ha scelti un votante su quattro). La strada sembra in discesa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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