Che la confessione di Daria Trepova (nella foto) fosse artefatta sembrava evidente. Che il caso fosse ben più complicato di quanto i russi abbiano voluto far credere anche. Ma adesso, sull'attentato di San Pietroburgo in cui è stato ucciso il blogger militare russo noto con lo pseudonimo di Vladlen Tatarsky, si aprono nuovi scenari. L'Esercito Repubblicano Nazionale (ANR), un gruppo creato dai ribelli russi che si oppongono al regime del Cremlino, ha rivendicato ieri la responsabilità dell'attentato della scorsa domenica, scagionando in pieno Daria Trepova, la donna additata da Mosca come responsabile e arrestata dopo una brevissima ricerca. «Questa azione è stata preparata e perpetrata da noi autonomamente. Non abbiamo contatti e non abbiamo ricevuto aiuto da nessuna struttura straniera, tanto meno dai servizi segreti», ha scritto la cellula dell'ANR di San Pietroburgo sul canale Telegram «Rospartizan». Tatarsky, il cui vero nome era Maxim Fomin, noto per le sue posizioni estremiste, è stato ucciso perché secondo il gruppo di oppositori era «istigatore e propagandista oltre che un criminale di guerra». Il gruppo sottolinea anche che il bar dove è avvenuto l'attentato è di proprietà del boss del gruppo Wagner Yevgeny Prigozhin, «uno dei più famosi criminali russi».
L'attacco, spiegano, «non era diretto contro i civili ma tutti i feriti sono sostenitori della campagna militare russa in Ucraina che giustificano i crimini di guerra del regime di Putin». L'organizzazione rivolge anche un appello ai cittadini russi: «Emulate il nostro esempio. I criminali non si sentiranno al sicuro sul territorio russo, la Russia sarà libera».
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