Gucci viaggia nel tempo E l'uomo torna bambino

Il grembiule, le scarpe con gli occhi e i pantaloni corti: è questa la lezione di Alessandro Michele

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Il suo canto libero arriva quando un gigantesco pendolo meccanizzato si mette a oscillare a frequenza costante intorno al proprio asse. I 58 modelli tra cui 10 ragazze sfilano con la Collezione Gucci Uomo del prossimo inverno in una specie di arena scientifica ricostruita nell'ex Fiera di Milano. Ogni uscita è una lezione di consapevolezza e civiltà liberamente tratta dalla vastissima cultura creativa di Alessandro Michele. C'è la poetica del fanciullino di Pascoli magistralmente tradotta in moda fin dalla seconda uscita che per la cronaca è un normalissimo paio di pantaloni maschili con tanto di pinces sotto al delizioso pullover celeste baby con al centro un pulcino che esce dall'uovo su cui si leggono le parole «mon petit». Si prosegue così tra mille riferimenti estetici all'infanzia (dal punto smock sul vestitello da bambina al grembiule a quadretti celesti da asilo trasformato però in impermeabile, dal cestello della merenda che sostituisce la borsa alle scarpe con gli occhietti create dal futurista Thataht) sapientemente disseminati in una collezione che lo stilista definisce con garbata ironia «per soli uomini». La sfilata segna infatti il ritorno di Gucci sulle passerelle maschili oltre a festeggiare cinque anni esatti di una direzione artistica che ha letteralmente sconvolto il mondo della moda.

Stavolta si torna a discutere di mascolinità con una decisa presa di posizione contro il modello dominante, vincente e oppressivo imposto dagli stereotipi educativi della società patriarcale. «Ho immaginato di tornare bambino perché poi quando cresci ti dicono che certe cose non le puoi fare perché sei un maschio. Tornare indietro significa imparare di nuovo, uscire dalla tossicità di quei diktat che alla fine possono essere pericolosi per entrambi i sessi» dice subito dopo lo show.

Inevitabile pensare che in Italia viene uccisa una donna ogni tre giorni e quindi sarebbe davvero auspicabile recuperare un modo diverso di essere maschi. «Sono sicuro che se gli uomini riuscissero a dialogare con la loro parte femminile avremmo un mondo migliore» afferma il designer specificando poi che lui non è un sociologo, ma «Solo uno che s'impiccia delle cose che succedono».

Ecco quindi che i maglioncini tarmati e le vestine da battesimo infilate sui modelli con la pettinatura alla rockabilly diventano una vera e propria allegoria di un pensiero forte, anzi fortissimo, meravigliosamente espresso nelle note di sala distribuite per la prima volta davanti alle università milanesi. Quanto al prodotto come sempre c'è di tutto, di più comprese le sublimi borse realizzate in collaborazione con Liberty London, le ironiche T-shirt con le frasi di Richard Hell e la classica valigia Gucci tutta logata con la scritta FAKE (falso) al centro.

Insomma una gran bella sfilata che in mezzo a tutto ha anche regalato un giorno in più allo striminzito calendario delle sfilate milanesi di moda maschile. Onore al merito di Marco De Vincenzo, quindi che ha coraggiosamente deciso di sfilare l'ultimo giorno a differenza dei troppi patentati fifoni che non han creduto (sbagliando) nel potere trainante di un colosso come Gucci. Il paragone sarebbe comunque schiacciante se De Vincenzo volesse calarsi nei panni di Davide che combatte Golia. Invece con molto buon senso decide di rimanere nel solco della sua stessa narrativa riletta attraverso la tendenza della stagione. Il classico loden diventa così un meraviglioso modello plissettato. Tra le pieghe del kilt che se qualcuno non lo ricordasse è un indumento maschile compaiono lampi di luce tramati apposta nel tartan scozzese.

E poi è tutto un gioco di colori che si fondono prima nei tessuti e poi nelle forme dei capi. «Io sto molto attento al prodotto, credo sia un messaggio al futuro» dice lui con la serietà di un bambino. Si sa che i bambini sono ossessionati dalla verità.

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