Guerini si fa sentire dal Pd: "Guardare a chi non va in piazza"

Il leader della minoranza interna: "Non siamo autosufficienti"

Guerini si fa sentire dal Pd: "Guardare a chi non va in piazza"
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Arriva dal leader di Base Riformista Lorenzo Guerini, la minoranza interna al Pd, l'ultimo biglietto da visita del partito guidato da Elly Schlein: i dem non sono «autosufficienti», dice l'ex ministro all'Adnkronos. «È chiaro». Perciò sollecita la segretaria a lavorare a «un'alleanza larga» che guardi anche a quelle forze che sabato non erano in piazza. «Fare un lavoro insieme». Il presidente del Copasir non s'accontenta della mera presenza di Conte. Con i 5 Stelle, spiega, «serve collaborazione, non competizione per rubarci l'1%, il Pd dev'essere il perno di questa alleanza».

La spallata tentata a Piazza del Popolo contro il governo è andata a vuoto, vista l'assenza di Azione, Italia Viva e +Europa. Diventa anzi un boomerang per i dem, costretti a incassare parole di fuoco dallo stato maggiore M5S riunito ieri a Roma. «Non possiamo far finta che non abbiamo governato anche col Pd»; tuona il capogruppo al Senato Stefano Patuanelli: «Costruire un'alternativa assieme solo se convinti della proposta unitaria». Insomma, frena anche chi in piazza c'era e si lanciano accuse: «Se oggi non c'è il salario minimo non possiamo dire che la colpa sia della Meloni, della Lega o del M5S, la responsabilità è Pd». E ancora: «Non c'è un'egemonia Pd sul campo progressista», avverte Patuanelli, chiedendo ai dem di chiarire su guerra e ambiente.

Gli entusiasmi del Nazareno si ridimensionano, come i numeri di una piazza che dichiarava 50mila presenze (sarebbero circa la metà). Ed è Giuseppe Conte a far chiarezza: «Con Schlein buon rapporto personale, ma io rappresento una forza autonoma distinta». Dialogo sì, non però a costo di farsi scavalcare dagli slogan dem: «Finché ci sarò, non permetterò a nessuno di pensare che il M5s possa fare da stampella a qualcun altro, realizzare il nostro programma, questa è la nostra bussola». Poi, lanciando una «contromanovra a partire dal taglio alle armi», sferza un Pd opaco sugli investimenti Nato. E Schlein prima o poi dovrà dire da che parte sta.

La piazza Pd ha creato un fossato tra le opposizioni, più che unirle. Carlo Calenda ribadisce la distanza «siderale» su giustizia, difesa e altri dossier. I centristi rimarcano le differenze da un campo progressista finora solo presunto, guardando semmai al governo per la riforma della giustizia: «Pd e M5S a braccetto contro separazione delle carriere, prescrizione, abrogazione dell'abuso d'ufficio, giudice collegiale per arresti, regole per le intercettazioni, tra noi e loro distanza incolmabile», spiega Enrico Costa. Schlein sul palco ha portato il medico che difende la sanità pubblica, la studentessa accampata in tenda all'università, la sindacalista che segue la vertenza delle operaie La Perla e il mediatore senegalese Mamadou Kouassi, che qualcuno già vede come nuovo Soumahoro. «Demagogia e movimentismo non ci interessano», dicono da Azione.

Schlein insiste: «Continueremo a cercare convergenze». Si smarca pure la vicepresidente di Azione Giulia Pastorella: «Crediamo che l'Italia non abbia bisogno di un'opposizione a prescindere, alla piazza preferiamo tavoli in cui avanzare proposte».

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