Una scatola bellissima ma vuota. Anzi: la scatola più bella di tutte, solo che quello che c'è dentro la rende inutile. Per dare l'idea è quello che rischia di essere il prossimo smartphone di Huawei, il Mate 30, che verrà presentato il prossimo 19 settembre a Monaco di Baviera. In un lancio che avrà quasi del surreale: per la prima volta ai suoi invitati (di solito sono circa 2000) l'azienda cinese farà vedere il prodotto dal palco, ma non consegnerà neanche un dispositivo fisico. L'operazione di marketing che ha fatto la fortuna di Huawei, distrutta in un amen dal bando americano. Donald Trump, questa volta, ha vinto la sua battaglia. Ma per quale guerra si sta combattendo?
La mossa del fondatore Ren Zhengfen - che l'altra sera ha annunciato di voler cedere a un competitor occidentale che lo chieda, tutti i propri brevetti, le licenze, il codice sorgente e il know-how della tecnologia proprietaria 5G di Huawei - sa di resa. Vuole 30 miliardi di dollari, che a questo livello è una montagna di soldi che sembra un granello di sabbia. Ma è anche una somma che vuol dire libertà, che nel mondo hitech è la capacità di inseguire il progresso senza avere limiti. E qui sta il punto. Chi potrebbe comprare una rete che, per legge voluta dal Partito, sarebbe comunque soggetta al controllo del governo cinese? Ma d'altronde: chi si prende la responsabilità di fermare lo sviluppo verso un futuro migliore distruggendo le conoscenze di un gruppo che comunque è sempre più avanti? Perché libertà, per esempio, è anche StorySign, l'applicazione inventata da Huawei per insegnare a leggere ai bimbi sordi, e per dare alla possibilità ai loro genitori di raccontare loro le favole grazie all'intelligenza artificiale. Dare insomma a quei i bimbi quello che tutti i loro coetanei sognano di avere. E questo potrebbe non accadere più se il bando contro il produttore cinese continuerà: senza il sistema Android la scatola resterà vuota.
È allora: Donald Trump ha vinto, ma chi ha perderà davvero? Perché sullo sfondo di questa disfida economica c'è anche un'ulteriore verità. C'è un'azienda senza la quale l'88 per cento (è l'ultima stima) di questa scatole bellissime che girano nelle nostre tasche restano vuote: si chiama Google, ed è americana.
È l'altra faccia della nostra libertà, indispensabile per un mondo migliore. Per questo nella guerra di soldi e di dati sensibili tra Usa e Cina, noi siamo esattamente in mezzo con il nostro smartphone in mano. E se proprio volessimo tifare per qualcuno, dovremmo farlo per noi stessi.
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