"Ho 300 nipoti: sono tutti calciatori"

Cristina Rasparini, 73 anni, presidente del Pavia Calcio: "La mia casa è lo stadio"

"Ho 300 nipoti: sono tutti calciatori"

In piazza Duomo, a Pavia, si erge la statua della dea Minerva; a pochi chilometri, in via Alzaia, c'è lo stadio «Fortunati» dove troneggia un altro «monumento», quello - in carne ed ossa - della presidente della squadra di calcio cittadina (serie D, girone A): Cristina Rasparini, 73 anni portati splendidamente e con la leggerezza di una ragazza entusiasta di scoprire il mondo. Compreso quello complesso, ma appassionante, del calcio. Per Cristina, ex imprenditrice del tessile con alle spalle un curriculum di successo, «cucire» una rete di buone relazioni, è stato naturale. E ora, eccola lì, dalla mattina alla sera in un campo sportivo che è diventato la sua seconda casa, anzi, la prima.

La presidente spunta da sotto la tribuna e subito ci chiede di dove siamo: «Ah, è di Potenza? State facendo un grandissimo campionato». In effetti la squadra lucana (serie D, girone H) del patron Salvatore Caiata è ancora imbattuta e davanti alla statua bronzea del leone rampante (che l'imprenditore della ristorazione, Donato Foscolo, ha adeguatamente valorizzato) si scommette sulla promozione in C.

«Noi a Pavia qui stiamo facendo un campionato tranquillo e ci accontentiamo della D - spiega la Rasparini -. Ho assunto tanti allenatori per il settore giovanile. Ho tre figli ma nessun nipote: ma qui di nipoti ne ho adottati quasi trecento che gravitano nel nostro vivaio e saranno il futuro del Pavia Calcio».

Cristina l'anno scorso ha fatto un «miracolo» al contrario: i cinesi, vecchi proprietari della società, avevano quasi fatto fallire il club. Ma poi, a salvare il calcio in città, è arrivata lei, super-Cristina. E così in un mondo pallonaro dove i cinesi vengono accreditati di virtù taumaturgiche, a Pavia la situazione si è rovesciata. Cristina, con i suoi occhi cerulei, ha fatto molto meglio dei predecessori dagli occhi a mandorla.

«Con i cinesi i conti non tornavano, si spendeva tanto e male - ricorda Cristina -. Da quando sono arrivata io, i bilanci societari sono tornati in regola. Non ci facciamo mancare nulla, ma ho dichiarato guerra a qualsiasi tipo di spreco». L'atteggiamento è insomma quello della brava madre di famiglia che, pur al comando di un'azienda, ha un approccio da economia domestica; un po' manager e po' massaia: è questo il segreto di Cristina.

Ma in famiglia (quella vera) cosa dicono della sua nuova avventura? «Avrebbe mica una domanda di riserva?», replica lei lasciando trasparire una certa insofferenza dei tre suoi tre figli (due femmine e un maschio) per tanto spreco di danaro. Ma la Rasparini è una tosta, e non va per la sua strada: «Sono vedova, ai miei figli ho già dato in anticipo la loro parte di eredità. Il resto del patrimonio è mio e ho deciso di spenderlo per un'impresa al servizio della città. Il danaro non posso certo portarmelo nella tomba. Meglio allora investirlo in qualcosa di socialmente utile. Quando vedo attorno a me tanti ragazzi che giocano e si divertono, sono felice. E questo mi ripaga di ogni sacrificio».

In società lei sovrintende a tutto. Compresa l'alimentazione dei giocatori della prima squadra. «Abbiamo il dietologo, ma a cucinare sono direttamente io con l'aiuto di altre amiche che in questo ambiente si trovano bene e si divertono».

Del resto, il tocco femminile

non passa inosservato: dai segnaposti a tavola alle fioriere a bordo campo: «Ma dai miei 300 nipoti calciatori, più che vittorie, esigo educazione e civiltà. È questo il successo più bello».

Applausi. Anche da de Coubertin.

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