
È avvolto in una nebulosa oscura Artur A., il 21enne austriaco che ieri ha compiuto la strage nel ginnasio di Graz di cui era stato alunno e dove si è ucciso. Con una coltre di morte e lutto, il nero tinge la tragedia che ha scosso l'Austria. Nero dev'essere stato anche l'animo dell'omicida-suicida, così come il suo profilo di cui ancora poco è noto.
Un giovane provato dal bullismo subito nella stessa scuola in cui ha mietuto dieci vittime a colpi di pistola e fucile, prima di spararsi nel bagno in cui si era rinchiuso quando nel ginnasio ha fatto irruzione il Cobra, l'unità speciale della polizia austriaca. Prima ha esploso almeno 40 colpi a ripetizione, «come un film dell'orrore» secondo un testimone. La madre di un alunno scampato alla strage racconta che suo figlio era in una delle due classi dove Artur ha aperto il fuoco e per salvarsi «si è finto morto», chiamandola al cellulare «mentre tutto stava accadendo».
Altri studenti si sono dati alla fuga, si sono barricati in classe nascondendosi sotto i banchi o si sono chiusi nei bagni. In dieci non ce l'hanno fatta, sacrificati da Artur sull'altare della vendetta per le umiliazioni quotidiane subite fino a dover abbandonare la scuola prima del diploma. Vessazioni che hanno lasciato una ferita profonda nell'autore della strage. La lesione non si è rimarginata e ha provocato la cancrena dell'anima del 21enne, nato nei dintorni di Graz. Una malattia dello spirito come quelle narrate dallo scrittore austriaco Thomas Bernhard, che nel romanzo autobiografico Un bambino ricorda: «Entravo a scuola tremando, ne uscivo piangendo. Andavo a scuola come al patibolo». In Artur, la memoria delle angherie subite per anni dai compagni di scuola si è mutata in rabbia ed è esplosa in vendetta contro vittime innocenti. Come se avesse voluto riavvolgere il nastro della propria tragedia e reagire oggi ai bulli del passato che non passava, Artur ha sparato anche in quella che era stata la sua aula.
Questo è stato il percorso di morte e autodistruzione del 21enne, la ritorsione contro il bullismo culminata nella strage e nel suicidio. Una rappresaglia in armi con la decimazione di chi non aveva colpa e con l'annichilimento di sé. Decine di colpi esplosi ripetizione tra alunni e docenti in fuga, «come un film dell'orrore» secondo un testimone.
Mentre si indaga sul movente dell'omicida-suicida, nella lettera d'addio che ha lasciato nella sua abitazione, Artur ha scritto che si sentiva vittima di bullismo e il massacro una vendetta contro la scuola. Come in un'allucinazione, il 21enne ha sparato prima contro gli spettri del suo passato incarnati da innocenti poi contro se stesso.