Se è vero, come scriveva proprio l'Economist, che i dati sono «l'oro nero del XXI secolo», la notizia riportata ieri dal settimanale britannico è importante come la cessione di un enorme giacimento di petrolio. Huawei, colosso cinese delle tecnologie di comunicazione che in dieci anni è passato da 28 a 107 miliardi di dollari di fatturato, annuncia di essere disposta a vendere l'accesso ai propri brevetti per le tecnologie 5G a un competitor occidentale. La proposta viene attribuita dall'Economist direttamente all'amministratore delegato Ren Zhengfei.
La notizia è clamorosa dal punto di vista economico, si tratterebbe di una transazione dal valore di 20-30 miliardi, ma ancora di più da quello politico. Huawei è infatti da tempo nel mirino dell'amministrazione Trump per la gestione della tecnologia di trasmissione dati destinata a rivoluzionare l'uso del web in mobilità e il cosiddetto «internet delle cose», cioè la connessione in Rete di oggetti di uso industriale, medico o anche domestico: dalla macchina per l'elettrocardiogramma alla lavatrice. Una pervasività che preoccupa la Casa bianca. Anche perché la Cina ha varato una legge che obbliga cittadini e società cinesi a cooperare con l'intelligence nazionale. Huawei e l'altro campione cinese del settore, Zte, si troverebbero ad avere in mano la più importante tecnologia di comunicazione del prossimo futuro restando sotto il controllo del governo di Pechino.
Gli Stati Uniti hanno reagito applicando fortissime pressioni internazionali sugli alleati perché rifiutino di affidare la realizzazione dell'infrastruttura 5G alle tech company cinesi. Pressioni esercitate a tutti i livelli, al punto di chiedere al Canada l'arresto e l'estradizione di Meng Wanzhou (direttore finanziario di Huawei) con l'accusa, non ancora provata in tribunale in modo definitivo, che la società cinese avrebbe ceduto tecnologie all'Iran aggirando l'embargo imposto dagli Usa.
Le pressioni americane hanno spinto le società della Silicon Valley a interrompere i rapporti commerciali con Huawei, al punto che gli ultimi telefonini cinesi sul mercato sono privi delle applicazioni di Google.
L'Europa si trova al centro del tifone, perché restare tagliati fuori dalle tecnologie 5G significa perdere un treno fondamentale. E se Germania e Regno Unito hanno rinviato le scelte, l'Italia ha irritato l'alleato aprendo a Huawei per la realizzazione della Rete, seppure con alcune cautele. Secondo molti osservatori, sarebbe questo uno dei motivi di risentimento degli Usa verso il governo gialloverde.
Il capo esecutivo del gruppo cinese ora pare offrire una via d'uscita, assicurando che l'acquirente sarebbe libero di «modificare il codice del software sorgente» e ciò consentirebbe di correggere eventuali difetti o presunte backdoor, porte d'accesso e spionaggio, senza il coinvolgimento di Huawei. Ma per ora è una soluzione teorica: quale operatore è pronto a spendere la cifra monstre?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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