A volte anche una sconfitta può diventare un'opportunità. Prendiamo il caso dei parlamentari del M5s, già pronti a sfruttare la batosta elettorale in Lazio e Lombardia per ottenere finalmente la cancellazione della regola del tetto dei due mandati. Il principio è da sempre il grande nodo irrisolto per i pentastellati. Giuseppe Conte avrebbe voluto introdurre delle modifiche prima dell'ultima tornata delle politiche, ma si è scontrato con l'opposizione del Garante Beppe Grillo. Ora, però, il tema si riaffaccia nelle riflessioni post-voto di deputati e senatori. Soprattutto di quelli al secondo mandato, ovviamente. Ma non solo.
È stato lo stesso Conte, durante la conferenza stampa a urne appena chiuse, a spiegare che il Movimento ha «una serie storica negativa alle elezioni regionali, perché non abbiamo sedi». Poi l'ex premier ha annunciato nuovi coordinamenti territoriali, con l'obiettivo di radicarsi da Nord a Sud. Eppure, secondo gli eletti, un rafforzamento della struttura non basterà a risolvere i problemi a livello locale. «Noi non facciamo candidare chi può portare i voti, Paola Taverna in Lazio avrebbe sbancato», sospira una deputata. «Abbiamo difficoltà con le preferenze, è arrivato il momento di decidere se dobbiamo fare politica o dobbiamo fare le comparse», aggiunge un collega parlando con Il Giornale. La regola dei due mandati è l'eterno non detto. Eppure stavolta la sensazione è che bisognerà mettere una parola fine alla disputa.
Anche Conte e tutto lo stato maggiore dei Cinque Stelle stanno pensando di nuovo a una soluzione. Una rivoluzione con un filo di maquillage, così da fare in modo di non presentarsi ogni volta alle elezioni con una brigata di carneadi, senza però dare l'impressione di perdere la faccia davanti alla base e a Grillo. «Dobbiamo cambiare, altrimenti non faremo mai politica», sbuffano dai gruppi parlamentari. Le strade sono tre. La prima prevede una cancellazione totale della regola aurea dei due mandati ed è l'ipotesi prediletta dai parlamentari, anche se è la meno realistica. La seconda verte intorno alla proposta di permettere due mandati in ogni Istituzione per ogni eletto: due in Parlamento, due nelle regioni, due nei comuni e altrettanti in Europa, a rotazione. La terza è la vecchia idea di un meccanismo «a punti», che premi i rappresentanti più meritevoli. Uno scenario che presta il fianco a polemiche e dubbi sui parametri di valutazione per scegliere i migliori.
Resta l'ipotesi di permettere la candidatura in altre Istituzioni. In questo modo tornerebbero in gioco tutti i big non ricandidati.
Vito Crimi e Paola Taverna, Roberto Fico e Alfonso Bonafede, Riccardo Fraccaro e la delusa Virginia Raggi. Ma rimane soprattutto l'ostacolo-Grillo, contrario a ogni modifica. Basterà la consulenza da 300mila euro all'anno a fargli cambiare idea anche sui due mandati?
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