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"I boss incontrano i figli raramente? Io mio padre soltanto al cimitero..."

La deputata azzurra: "Vergognoso fare di Cospito una vittima del sistema carcerario. Tutti i partiti dicano no alla violenza"

"I boss  incontrano i figli raramente? Io mio padre soltanto  al cimitero..."

Figlia del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso dalla mafia nel settembre del 1982, siede ora in Parlamento nelle file di Forza Italia. E ieri, dopo l'informativa del ministro Nordio, ha potuto seguire il dibattito sul «caso Cospito». Dibattito a suo dire «a tratti surreale».

Onorevole Rita Dalla Chiesa, l'altro giorno un suo intervento su Twitter a proposito del 41 bis ha fatto molto rumore.

«Sono rimasta indignata ascoltando alcuni dibattiti in televisione sulla questione del 41 bis. E la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la frase: possono vedere i loro familiari soltanto una volta al mese. I figli e parenti delle vittime di mafia e di terrorismo, però, non hanno questa fortuna. E se voglio vedere mio padre devo andare al cimitero di Parma».

Di certo il paragone rende risibile questa lagnanza.

«Servirebbe più responsabilità per chi affronta l'argomento in dibattiti pubblici o televisivi. Perché tra chi li ascolta possono esserci persone sensibili al tema. A volte basta un'intonazione sbagliata per veicolare un messaggio pericoloso».

Pericoloso come?

«Sembra quasi che si voglia compatire queste persone. Poverini! sembrano dire. Ma poverini cosa?»

In qualità di vittima di mafia quali sentimenti prova di fronte al dibattito sul 41 bis?

«Un po' mi destabilizza. Da garantista mi colpisce profondamente la questione della salute, di fronte alla quale non c'è cittadino di serie A e cittadino di serie B. Detto questo, mi va benissimo che Matteo Messina Denaro riceva tutte le cure del caso in carcere se sta male. È suo diritto essere curato e nostro dovere curarlo. Ma il caso di Cospito è diverso. Si tratta di una malattia auto-imposta con lo sciopero della fame. Lo Stato faccia tutto il possibile per salvarlo. Ma nessuno è al di sopra della legge».

Il 41 bis d'altronde non è stato introdotto per aumentare la punizione, bensì semplicemente per interrompere il flusso di informazioni tra detenuti e mondo esterno.

«Il problema è proprio che questa caratteristica del 41 bis non sia abbastanza sottolineata nel dibattito cui stiamo assistendo. Si parla invece di questa norma come di un sistema di tortura che viene inflitta ai condannati per terrorismo e mafia. Nessuna tortura viene loro inflitta. Semmai si vuole evitare che continuino a cospirare e a svolgere la loro attività criminosa».

E infatti i detrattori del 41 bis fanno spesso riferimento alla Costituzione che dice che le pene non possono consistere in trattamenti disumani.

«Con l'articolo 27 della Costituzione il caso Cospito non ha nulla a che fare. Ripeto: la sua malattia è auto-indotta. Con lo sciopero della fame volontario rischia di morire, non di essere ucciso. Ora l'hanno portato nel carcere di Opera dove possono assisterlo al meglio. Ma non voglio più sentire, come mi è capitato poco fa in aula, che se Cospito muore è colpa del ministro Nordio. Che insomma è una vittima di Stato. Tutto questo è vergognoso».

Proprio Nordio a Montecitorio ha detto che di fronte alle minacce anarchiche lo Stato deve mostrare tutta la fermezza necessaria.

«Sono d'accordo. Perché sovvertire le regole e mettere a repentaglio la sicurezza delle persone? Nessuno parla dei poliziotti colpiti. Per quale motivo? Gli anarchici mi fanno paura come i terroristi».

C'è il rischio che i toni del dibattito portino a situazioni pericolose?

«C'è un clima di odio strisciante ora hanno trovato il sistema di farlo esplodere».

Stiamo tornando agli anni di piombo?

«Francamente spero di no. Li ho vissuti quegli anni. Sono stati pesantissimi. Il caso Cospito è delicato. Serve però che tutte le forze politiche si uniscano nel rifiutare la violenza.

Perché le minacce a Nordio, Meloni e Piantedosi oggi sono violenza e tutti devono prendere le distanze da questi ricatti».

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