I numeri del Covid peggiorano lentamente, ma l'Italia resta lontana dai territori dell'angoscia. E tutta in bianco. Quasi tutte le regioni sforano i 50 contagi settimanali per 100mila abitanti (solo Molise, Basilicata, Sardegna e Puglia sono sotto) ma la regola ministeriale vuole che per andare in punizione bisogna sforare anche il tetto del 15 per cento di occupazione dei posti letto nei reparti non critici (cosa che nessuna regione fa, solo la provincia autonoma di Bolzano si avvicina con il 13,00 per cento) e quello del 10 per cento di occupazione delle terapie intensive (cosa che accade solo in Friuli-Venezia Giulia con il 10,49). Insomma tutte le regioni sono in sicurezza e pare difficile che anche la prossima settimana qualcuna si trovi in fuorigioco: perché questo accada in Friuli-Venezia Giulia nei prossimi giorni 64 pazienti dovrebbero essere ricoverati per Covid oppure in Alto Adige dovrebbero quasi raddoppiare i ricoverati in terapia intensiva, passando da 6 a 10. Non impossibile ma improbabile, al momento.
La situazione non lascia tranquilli, ma nemmeno deve ingenerare ansie. A confortarci dovrebbe essere il confronto con l'anno scorso, quando la seconda ondata arrivò con violenza: dal 2 ottobre al 13 novembre si passò da 2.499 a 37.978 contagi, mentre quest'anno nello stesso periodo siamo passati da 3.405 agli 8.516 di ieri. I ricoveri in terapia intensiva nello stesso periodo lo scorso anno passarono rapidamente da 294 a 3.230, più che decuplicando, mentre quest'anno siamo passati da 429 a 445. I morti l'anno scorso sono passati da 20 a 550 e quest'anno da 52 ai 68 di ieri e la percentuale di tamponi positivi, che l'anno scorso prese il volo passando dal 2,08 al 16,05 per cento quest'anno si sta tenendo in linea di galleggiamento, passando da 1,16 a 1,71.
Insomma difficile immaginare scenari drammatici a breve, anche se il presidente dell'Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro nel suo intervento del venerdì sui dati del monitoraggio della Cabina di regia è piuttosto severo: «La circolazione del virus sta aumentando. Le curve ci mostrano come anche nel nostro Paese i casi sono in crescita, ma più contenuta rispetto ad altri Paesi. In Europa la circolazione è in netto aumento». Secondo Brusaferro «negli ultimi sette giorni si concentra una crescita dei casi nelle fasce d'età intermedie, 30-39 anni e 40-49 anni, che poi hanno la quota di popolazione non vaccinata più significativa, e tra i giovani per i quali ancora non è raccomandata la vaccinazione». Si conferma la variante delta come dominante ma «viene anche monitorata la variante delta plus, che presenta casi un po' sparsi in tutto il Paese. Ma, comunque, è una variante oggi minoritaria». Quanto alle regioni, tutte sono classificate a rischio moderato con la sola Calabria a rischio basso.
Alla fine la partita di una quarta ondata depotenziata si gioca sui vaccini: «L'efficacia vaccinale - spiega Brusaferro - rimane molto elevata per ospedalizzazioni, ricoveri in terapia e per i decessi, supera il 90 per cento, mentre per
la diagnosi è un po' più bassa. Si abbassa significativamente a partire dal sesto mese. Per questo è importante aderire, man mano che passano i sei mesi, alla terza dose in base alle modalità raccomandate dal ministero».
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