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I dossier sulla lobby di Uber. Coinvolto anche Macron

Avrebbe sostenuto i piani del colosso della mobilità quando era ministro. Il tentativo di arruolare Renzi

I dossier sulla lobby di Uber. Coinvolto anche Macron

I segreti di «Uber» inguaiano Emmanuel Macron. Decine di migliaia di file compromettenti, svelati da un'inchiesta internazionale pubblicata ieri sera, documentano i metodi spregiudicati della multinazionale (all'epoca del cofondatore Travis Kalanick) e imbarazzano il presidente francese sfiorando altri politici europei, fra cui l'ex premier Matteo Renzi.

Per affermarsi nel mondo - questo emerge dalla fuga di notizie - Uber avrebbe «giocato sporco», contando anche su una consistente attività di lobbying. L'azienda destinata a rivoluzionare i trasporti con «app» e autisti, secondo l'inchiesta giornalistica internazionale ha violato le norme, ingannato le autorità ed esercitato pressioni sui governi. E questa aggressiva espansione che l'ha portata a diventare leader del trasporto privato, sconvolgendo il tradizionale settore dei taxi, avrebbe fatto affidamento su sostegni di grande livello, come quello di Macron, allora ministro dell'Economia, o della ex commissaria europea Neelie Kroes.

Commentando l'intera vicenda, gli attuali vertici di Uber hanno ammesso che sono stati commessi «errori e passi falsi», spiegando che l'azienda si è trasformata dal 2017 con l'attuale attuale ad, Dara Khosrowshahi: «Non creeremo scuse per comportamenti passati che chiaramente non sono in linea con i nostri valori attuali». «Chiediamo invece al pubblico di giudicarci da ciò che abbiamo fatto negli ultimi cinque anni e da ciò che faremo negli anni a venire».

Le notizie pubblicate in simultanea da un consorzio di media internazionali, tra cui il «Guardian», riguardano il periodo che va dal 2013 al 2017 e comprendono circa 83 mila mail dei manager Uber: quattro anni di messaggi riservati che rivelano, in particolare, le pressioni su governanti di decine di Paesi, per piegare le norme agli interessi della multinazionale, ma anche su «oligarchi» e tycoon dei media. Casi mai emersi prima che chiamano in causa personalità di alto livello come l'attuale presidente Macron.

Nell'ottobre 2015, lo racconta «L'Espresso», la Francia era attraversata da un'ondata di proteste dei taxi contro il colosso statunitense e il 20 ottobre le autorità di Marsiglia decisero di sospendere Uber per mancanza delle licenze richieste a tassisti e autisti privati. Il giorno dopo, il manager Mark MacGann, responsabile delle politiche aziendali di Uber in Europa, avrebbe inviato una mail al ministro Macron, chiedendogli di intervenire e Macron gli avrebbe risposto alle 6.54 del mattino: «Me ne occuperò personalmente. Restiamo calmi in questo momento». Secondo la ricostruzione del settimanale, che pubblica l'inchiesta in Italia, la sera stessa le autorità di Marsiglia avrebbero modificato il provvedimento in senso favorevole a Uber. E a quel punto MacGann ha ringraziato Macron per la «buona cooperazione del suo ufficio».

Ma il caso francese non è isolato. Negli «Uber Files» si legge che tra il 2014 e il 2016 i manager e i lobbisti di Uber avrebbero avuto più di 100 incontri con leader di decine di nazioni, tra cui almeno 12 rappresentanti della Commissione europea. Kroes, per esempio, un anno dopo aver lasciato la Commissione europea avrebbe chiesto l'autorizzazione a entrare nel comitato dei consulenti di Uber con un contratto retribuito, ma la Commissione ha respinto la sua richiesta.

«Italy - Operation Renzi», poi, per gli autori dell'inchiesta potrebbe essere il «nome in codice» di una campagna organizzata fra il 2014 e il 2016, per «agganciare» l'allora presidente del consiglio Renzi e alcuni ministri e parlamentari Pd. Il leader di «Italia Viva», però, ha risposto spiegando di non aver «mai seguito personalmente» le questioni dei trasporti, lasciate a livello ministeriale.

Renzi ha dichiarato di non aver mai parlato di Uber con personalità istituzionali o lobbisti americani e ha ricordato che il suo governo non ha approvato alcun provvedimento a favore del colosso californiano.

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