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I giudici contabili: «Criticità nella gestione delle quote»

RomaLa Corte dei Conti entra a gamba tesa nel dibattito sull'assegnazione dei fondi dell'otto per mille alla Chiesa cattolica proprio nel giorno in cui in Vaticano esplode un nuovo scandalo. L'analisi dei magistrati contabili è molto severa e mette in dubbio la qualità del metodo stesso con cui viene finanziata la Conferenza episcopale italiana così come le altre confessini religiose che hanno stretto accordi di simile natura con lo Stato (ad esempio, valdesi ed ebrei).

«L'allocazione di questa quota del gettito Irpef è determinata da una sola parte dei contribuenti», ha rilevato la Corte sottolineando che la ripartizione delle risorse è effettuata con lo stesso metodo usato per l'assegnazione dei seggi alle elezioni (chi vota sceglie per tutti gli altri; ndr ). «Ognuno è coinvolto, indipendentemente dalla propria volontà, nel finanziamento delle confessioni, con evidente vantaggio per le stesse», aggiungono i magistrati ricordando che, in questo modo «le contribuzioni a favore delle confessioni continuano, in controtendenza (rispetto alla crisi economica), ad incrementarsi». I dati del 2014, infatti, sono particolarmente eloquenti. Alla Chiesa cattolica sono stati assegnati 1,054 miliardi di euro, allo Stato sono andati 170 milioni, mentre 40,8 milioni sono stati attribuiti ai valdesi con le altre confessioni che hanno ricevuto circa 12 milioni.

La Corte dei Conti ha rilevato la necessità di una «revisione di un sistema che diviene sempre più gravoso per l'erario. Dal 1990 al 2014 la Conferenza episcopale italiana ha ricevuto tramite l'otto per mille ben 18,3 miliardi di euro: il flusso finanziario, secondo, vecchie stime sarebbe di gran lunga superiore al fabbisogno della Chiesa.

Nonostante i passi avanti compiuti negli ultimi anni, un problema continua a essere la carenza di controlli. Secondo le ricostruzioni dei magistrati contabili elaborate sui rendiconti presentati, il 76% circa dei fondi assegnati alla Chiesa viene speso per le esigenze di culto (43%) e sostentamento dei ministri (33%), mentre solo il 24% circa sarebbe impiegato in opere caritatevoli, a differenza di quanto fanno avventisti e valdesi che a tale scopo destinano più del 75% di quanto ricevono.

Eppure le campagne pubblicitarie della Cei spingono molto sul versante dell'assistenza sociale, circostanza stigmatizzata dai magistrati che hanno criticato l'istituzione di un mercato della religione. La Chiesa cattolica ha un budget di oltre 3 milioni annui destinato alla sola Rai. Insomma, il meccanismo di ripartizione dei fondi solleciterebbe l'impiego di queste tecniche di marketing. Un'altra criticità rilevata è rappresentata dalle «manine amiche» dei Caf. Un controllo su circa 5mila modelli 730 ha evidenziato 349 irregolarità delle quali l'80% a favore della Chiesa. La Corte ha criticato la campagna I feel Cud , collaborazione tra Cei e Caf Acli per la raccolta dei Cud. Chi non presenta la dichiarazione, infatti, esprime la scelta proprio sulla certificazione. Una specie di conflitto di interessi..

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