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I giudici di Milano non si smentiscono mai: insultare la Brigata ebraica non è un reato

La sentenza sui fatti del 25 Aprile 2018. "Minacciarono gli ebrei": tutti assolti

I giudici di Milano non si smentiscono mai: insultare la Brigata ebraica non è un reato

Milano. Tutti assolti a Milano dai reati contestati con l'aggravante dell'«odio etnico e razziale» gli antagonisti che al corteo del 25 Aprile del 2018 hanno contestato e insultato la Brigata ebraica. Fatti che si ripetono a ogni corteo della Liberazione, tuttavia gli episodi del 2018 sono i primi di questo tipo, finora, ad approdare a processo. La Procura non ha impugnato le assoluzioni.

La sentenza è arrivata lo scorso ottobre e sono poi state pubblicate le motivazioni della Quarta sezione penale presieduta dal giudice Nicoletta Marchegiani. Tra i quattro antagonisti anche Claudio Latino, 64 anni, già condannato anni fa dopo l'operazione antiterrorismo «Tramonto». Il pm Leonardo Lesti aveva chiesto pene dai tre agli otto mesi, i difensori, gli avvocati Benedetto Ciccarone, Giuseppe e Margherita Pelazza, l'assoluzione. Latino e un altro imputato, E.B., erano accusati di minacce aggravate ai rappresentati della Brigata ebraica. In particolare di aver mimato «il gesto dello sgozzamento» e «la sventagliata di una mitragliatrice». A.P. di aver lanciato una bottiglietta d'acqua contro la Brigata per «offendere o imbrattare», con la medesima aggravante. E D.L.C. di aver colpito in testa un poliziotto con una canna da pesca usata come asta da bandiera. Quest'ultimo è stato l'unico condannato, per resistenza a pubblico ufficiale (non aggravata), a sei mesi di carcere. Tutte le scene sono state riprese dai video della polizia.

Le indagini hanno ricostruito che gli imputati sventolavano bandiere palestinesi e inneggiavano contro Israele. Al passaggio della Brigata ebraica il gruppo di cui facevano parte ha urlato «assassini» e «bastardi». In aula gli imputati hanno ammesso i gesti incriminati, ma hanno insistito sulla «forte valenza politica» della contestazione «delle politiche israeliane di occupazione di territori palestinesi». La protesta sarebbe stata rivolta alla «presenza di vessilli dello Stato di Israele» ma «senza alcuna valenza discriminatoria nei confronti del popolo ebreo». I testi della difesa, tra cui Moni Ovadia, hanno suffragato tale versione, insistendo sulla distinzione tra «antisemitismo» e «antisionismo». Latino ed E.B. si sono detti «offesi» dall'aggravante dell'odio razziale, «incompatibile» con la loro attività di «accoglienza degli stranieri». Aggiungendo che il gesto dello sgozzamento non era una minaccia, bensì voleva «rappresentare l'infanticidio compiuto dall'esercito di Israele poco tempo prima» e che era accompagnato dalla frase (visibile nei video) «Tu ammazzi i bambini».

La Corte accoglie in questi aspetti le tesi difensive. E assolve sulla base del «significato intrinseco attribuito a detti gesti dai loro autori». La protesta non aveva «motivi razziali» ma origini «prettamente politiche».

La condotta, per i giudici, non era infine «accompagnata dalla cosciente volontà di minacciare un male ingiusto».

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