I grillini dichiarano guerra ai burocrati

Non solo Boeri, nel mirino di Di Maio ci sono anche Franco e Del Conte

I grillini dichiarano guerra ai burocrati

Roma Ricordate l'insediamento di Luigi Di Maio al ministero dello Sviluppo economico, con impiegati, funzionari e dirigenti chiamati a raccolta sugli scaloni a far da cornice alla «rivoluzione»? «Vi chiamerò a uno a uno e mi farà piacere conoscervi, avrò bisogno di tutti voi», aveva promesso il novello Robespierre.

Dopo un paio di mesi, lamentano i dirigenti, «non una carta firmata, non una riunione di confronto». Eppure sul tavolo del ministro si sono ormai assiepati i fascicoli di ben 160 crisi aziendali in corso. Tranne qualche dossier impossibile da scansare, tipo Alitalia o Ilva, gli altri restano lettera morta. C'è chi dice di aver inviato note e appunti alla segreteria del ministro (dove Salvatore Barca è da poco capo della segretaria), ma «è come metterle in una buca delle lettere bucata, non c'è risposta e la macchina s'ingolfa». Al punto, segnala un articolo pubblicato dall'Inkiesta.it, da pensare che lo staff grillino nutra una sorta di «sfiducia preventiva» nei confronti dell'intera macchina organizzativa preesistente, sia al Mise che al Lavoro, e che il ministro nel frattempo «si stia servendo di una struttura parallela di tecnici». Al Mise manca il capo dell'ufficio legislativo, mentre Vito Cozzoli è capo di gabinetto di entrambi i ministeri.

Sarà perché sospettati di «remare contro», sarà in quanto molti dei dirigenti hanno fatto carriera durante i governi dell'Ulivo e del Pd, fatto sta che non è soltanto il presidente dell'Inps Boeri nel mirino della «grillinizzazione» ministeriale in fieri. Il secondo nome sulla lista nera, dopo quello di Boeri, è quello del Ragioniere generale dello Stato, Daniele Franco, che da regolamento deve essere rinnovato entro novanta giorni dal giuramento del governo. Quindi ballerà per un'ultima estate, scadenza fine agosto. Al Mef, invece, mentre Roberto Garofoli è stato riconfermato da Tria, sul piede di partenza dovrebbe essere Federico Giammusso, ec Ocse con Padoan, dal 2014 direttore generale e consigliere dell'ex ministro per l'economia internazionale. Già andato via a maggio è invece Vincenzo La Via, direttore generale; potrebbe succedergli il suo vice, Alessandro Rivera.

Quarto nome assolutamente da depennare per i Cinquestelle dovrebbe essere quello di Maurizio Del Conte, bocconiano presidente dell'Agenzia delle politiche attive del lavoro (Anpal): è uno di quelli che hanno letteralmente scritto il Jobs Act di Renzi ed è in scadenza a gennaio.

Lotta per una difficile riconferma, invece, Giorgio Alleva, presidente dell'Istat, che scade a luglio ma spera di poter confidare nella «sponda» della sottosegretaria all'Economia Castelli. I due si sono incontrati già un paio di volte, facendo sospettare che, come accaduto in passato, l'Istat cercherà di mantenere relazioni «ottime e abbondanti» con chi sta al governo.

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