I grillini si ricompattano. Ma ora Luigi è ostaggio dei falchi guidati da Fico

Il M5s ritrova l'unità attorno alla linea dura E i frondisti chiedono al leader più coraggio

I grillini si ricompattano. Ma ora Luigi è ostaggio dei falchi guidati da Fico

La tregua su Tav fa pendere l'ago della bilancia dalla parte dei Cinque stelle. Certamente non è una vittoria schiacciante. Ma la lettera del premier Giuseppe Conte a Telt, la società italo-francese incaricata di realizzare l'opera, nella quale si chiede di sospendere i bandi per i cantieri dell'alta velocità Torino-Lione, segna un passo in avanti del M5S rispetto all'alleato leghista. Al netto dell'artiglieria social di Rocco Casalino, che fa passare una non decisione del governo come un trionfo politico, gli umori che si percepiscono nel M5s sono contrastanti. Da un lato, c'è la sensazione che sia solo una vittoria di Pirro: alla fine il Movimento si è battuto per bloccare l'opera. Ad oggi non c'è alcuno stop dei cantieri. Ma solo un rinvio della decisione. E proprio sullo slittamento della scelta politica, che i parlamentari della fronda vicina al presidente della Camera Roberto Fico intravedono lo scenario di una maggioranza ormai al capolinea: non sarà più il governo gialloverde a decidere le sorti Tav. Dall'altro, c'è però un sentimento che accomuna un po' l'intero gruppo parlamentare: per la prima volta Luigi Di Maio, Roberto Fico e Davide Casaleggio hanno fatto muro contro Matteo Salvini. Non hanno fatto passi indietro. Motivo per il quale gli strappi dei primi mesi di governo sembrano si stiano ricucendo. Le parole del numero uno di Montecitorio, che ha svestito i panni dell'imparzialità, entrando a gamba tesa nello scontro tra Lega e Cinque stelle, sono il segnale di un Movimento che sta provando a ritrovare unità e compattezza. Ed è proprio sull'onda dell'euforia, per aver portato a casa un piccolo risultato e per aver ricompattato il Movimento, che Di Maio, Casaleggio e Fico ora proveranno a ristabilire all'interno della maggioranza i rapporti di forza, usciti dal voto del 4 marzo 2018. In parole semplici, il capo politico dovrà far pesare il 32% rispetto al 17% del Carroccio. Il braccio di ferro su Tav ha mostrato che se il Movimento osa, può far arretrare Salvini. Mattia Fantinati, sottosegretario alla Pubblica amministrazione, lo dice in modo esplicito: «Siamo partner di maggioranza. Onori ma anche oneri. Far capire all'Italia e alla Lega che questa Tav non stava in piedi. Al Carroccio dico: era nel contratto di governo che l'avremmo ridiscussa radicalmente. Per ridiscuterla, questi bandi andavano fermati». I frondisti grillini chiedono a Di Maio di continuare a osare. A cominciare dalla legittima difesa, attesa nel passaggio in Senato. E poi c'è il voto sul caso Diciotti che coinvolge in prima persona il ministro dell'Interno e leader della Lega. I Cinque stelle sono convinti di avere numeri e manico del coltello dalla propria parte.

Perché non usarli? Perché non insidiare la Lega sui propri cavalli di battaglia? Insomma, dopo 8 mesi giocati in difesa, il Movimento cambia modulo: prova ad attaccare. Vuole riprendersi la casacca dell'azionista di maggioranza dell'esecutivo. Con il rischio però di mandare all'aria la coalizione. E anticipando la fine del governo Conte.

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