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Quando Pisapia era No Expo. "Un anacronistico luna park"

Il primo cittadino di Milano cavalca il successo. Ma appena 6 anni fa, come svela il sito "L'Intraprendente", firmò una petizione di protesta

Quando Pisapia era No Expo. "Un anacronistico luna park"

Milano - Nel primo giorno di Expo, il sindaco Giuliano Pisapia si disse «felice per la sensazione di gioia che si respira all'Expo», e nello stesso tempo «preoccupato per la possibilità di disordini in città». I disordini si verificarono puntualmente ma la cavalcata semestrale dell'esposizione universale di Milano è stata premiata da quello che l'opinione pubblica considera un successo. A fine ottobre la gioia di Pisapia si è accompagnata all'orgoglio, quando il sindaco ha commentato le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Solo cinque giorni dopo alla solita gioia si è aggiunto un pizzico di malinconia. «C'è un po' di malinconia - ha affermato infatti il sindaco alla cerimonia di chiusura - ma anche la grande gioia di chi sa di avere fatto bene». Il tono era comprensibilmente ispirato dall'entusiasmo: «Milano non si ferma - ha aggiunto il sindaco - questi sono i primi passi, quanto fatto qui non sarà perduto, non perderemo lo slancio, lavoreremo insieme con il mondo anche in futuro».

Il minimo che si può dire oggi è che l'Expo ha conquistato anche il sindaco. Sì perché nel 2009 lo stesso Giuliano Pisapia aveva firmato (con altre 1.400 persone, fra cui personalità molto note) una petizione che paventava nell'Expo 2015 che allora si stava già preparando «un assurdo luna park di padiglioni» e una manifestazione «totalmente anacronistica». La petizione, promossa da un professore del Politecnico, Emilio Battisti, l'ha scovata on line il giornale L'Intraprendente. Si trattava di uno degli strumenti messi in campo per un'«altra Expo». I promotori sognavano, o forse fantasticavano, un «fuori Expo» e un'«Expo diffusa», obiettivi puntualmente tradotti da Pisapia, due anni dopo, nel programma elettorale per le Comunali, che al punto 10 cita appunto un'«Expo diffusa in città, nell'area metropolitana, nel Parco Agricolo Sud». La petizione fu firmata, fra gli altri, da Luca Beltrami Gadola, Nando dalla Chiesa, Fiorello Cortiana, e sostenuta da tutto un mondo politico culturale molto vicino all'attuale sindaco, e allora (come sempre) molto critico con il centrodestra, che nel nei mesi precedenti da Palazzo Marino e affiancato dal governo, aveva condotto una convintissima battaglia per portare la manifestazione a Milano.

Oggi un pezzo di sinistra si è appropriata dell'Expo. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi l'ha trovata così congeniale alle sue attitudini di «motivatore» del Paese che l'ha eletta a evento simbolo della asserita ripresa italiana. Molti hanno voluto dimenticare che la principale artefice di Expo è stata la sindaco (ed ex ministro) Letizia Moratti. Expo occupa un posto talmente importante nell'immaginario democratico e renziano che il suo commissario, Giuseppe Sala, è il candidato prescelto per succedere alla stessa Moratti - peraltro ne è stato direttore generale in Comune. L'evoluzione del Pd su Expo segnala però un problema di tipo squisitamente politico, perché se a Palazzo Marino qualcuno ha cambiato idea, se Pisapia è un Expo-entusiasta, un pezzo della sinistra milanese resta convintamente scettica. Basti pensare che un pezzo di alleanza, anche rappresentata in Comune col nome di «Sinistra per Pisapia», proprio in Comune ha organizzato un evento sostanzialmente anti-Expo (soprattutto anti-Renzi, in un giorno in cui il premier visitava Milano). Insomma, il corto circuito era già stato innescato da anni. E oggi è soltanto esploso.

E minaccia di incendiare anche le comunali di primavera, in cui le due sinistre si affronteranno.

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