I lavori "sforano" di 30 centimetri: paga 11mila euro

Burocrazia impazzita a Milano: a processo per un errore nella realizzazione di un soppalco

I lavori "sforano" di 30 centimetri: paga 11mila euro

Milano Gli uffici comunali non si parlano e un cittadino finisce in tribunale. Pare strano, ma è la burocrazia bellezza.

La vicenda è iniziata nel 2009, ma si è conclusa solo da poche settimane: tutto è iniziato con la titolare di un piccolo negozio nelle vicinanze del tribunale. Lo spazio è poco, circa venti metri quadrati, e la donna decide di aggiungerne con un soppalco. Non sa bene come agire e quindi si mette nelle mani di un architetto. In poco tempo ecco realizzato il soppalco, ma qui nasce il problema: forse la fretta, forse un semplice errore di calcolo, ma il soppalco viene più profondo di 36 centimetri rispetto a quanto concesso dal regolamento edilizio. Guadagnando così circa un metro quadrato. Ma che non si tratti della solita furbata lo dimostra un fatto: lo stesso architetto redige un documento in cui si attesta la regolarità dell'intervento riportando le misure effettive del soppalco. E si tratta di un documento che poi lo stesso professionista spedisce agli uffici comunali competenti che ne verificano la correttezza.

E qui parte il giro di valzer della burocrazia. A fine giugno 2009 arriva la comunicazione dal Comune con l'imposizione della sospensione lavori, ma il cantiere era già chiuso da venti giorni come comunicato al Comune stesso dall'architetto. Escono comunque i vigili che contestano per iscritto le irregolarità. Franco Artifoni, titolare dello studio, racconta cosa è successo dopo: «Naturalmente, visto che l'errore era nostro, ci attiviamo subito e a nostre spese per rimediare al danno depositando subito, non senza difficoltà visto che l'ufficio Tecnico è aperto pochissime volte, la richiesta di costruire in sanatoria: pago la mia multa e avvio i lavori a inizio 2010. Peccato che il documento depositato non sia stato trasmesso a tutti gli uffici che si occupavano di quella pratica, perciò dagli stessi uffici comunali parte una denuncia penale per abuso edilizio e falso in atto pubblico». Nel 2012 infatti gli arriva l'avviso di garanzia.

Parrebbe surreale se in Italia le follie burocratiche non fossero all'ordine del giorno: dagli uffici ottieni il permesso di rimediare a un danno che tu stesso hai certificato, e dagli stessi uffici ti denunciano. Parte così il procedimento penale: «Cinque udienze e poco meno di cinquemila euro di spese legali che abbiamo dovuto sostenere oltre a seimila per il ripristino dell'opera – enumera Artifoni – e stiamo parlando di un processo che si è risolto con una piena assoluzione perché era evidente anche per il pm e per il giudice che non avevamo alcun intento di delinquere: siamo noi che abbiamo scritto nel documento le misure vere, al contrario di come fanno molti colleghi che riportano quelle rispettose della legge e poi fanno l'intervento delle dimensioni che vogliono».

C'è quasi voglia di adattarsi ai comportamenti scorretti degli altri per evitare problemi nelle parole del professionista: «Per il ripristino è anche giusto che fosse a nostre spese perché

l'errore era stato nostro, ma il processo che tra l'altro è costato tempo e denaro anche allo Stato italiano, potevano evitarcelo anche perché per una persona onesta non è solo un problema economico». È la burocrazia, bellezza.

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