I locali dei vip passati al setaccio. La sinistra scatena la caccia al ricco

Ma quanto appare indecente la luccicante Forte dei Marmi dalle tribune degli ultrà della patrimoniale?

I locali dei vip passati al setaccio. La sinistra scatena la caccia al ricco
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Ma quanto appare indecente la luccicante Forte dei Marmi dalle tribune degli ultrà della patrimoniale? E quanto fastidio provano i duri e puri dell'«Anche i ricchi piangano» a sentire di club per soli soci, «cafonissime» ville sul mare e macchinoni neri (non elettrici, of course)? E quanto vanno in bestia i sobrissimi radical chic di Capalbio quando sentono stappare una magnum di Moët?

Certo, per carità, c'è tutta la gogna sui casi Santanchè e La Russa portata avanti a suon di carte giudiziarie e montata per colpire di riflesso lei, Giorgia Meloni. Ma c'è anche il tribunale del popolo, quello orchestrato da Repubblica e Stampa per processare il nemico di sempre, ben più odiato del fascismo: il ricco di destra, quello che si spiaggia, accanto ai russi, sotto le tende del Forte o in una villa sulla riviera levante della Liguria, quello che siede ai tavoli che «pesano» nella «nightlife» milanese, quello che in vacanza va in giro col «portafogli infilati nelle bermuda come pistola fumante».

Da tre settimane il gruppo Gedi si accanisce. Ha sguinzagliato gli inviati a raccontare il mondo dei ricchi ai tempi della lotta per il salario minimo. Prima a Milano, dietro le porte dell'Apophis, il locale dove ha avuto inizio la nottata sotto indagine di Leonardo Apache. Repubblica lo descrive così: «più che una discoteca è un salotto, un posto da happy few, da figli di». Dove i «figli di» sono «i fighetti del centro» con le «spalle ben coperte» che «lasciano giù anche 2-3mila euro a serata» per sedere su «divani di velluto raso tra bocce di vodka Beluga, gin pregiatissimi e champagne».

Lo stesso sfarzo (che orrore!) del Twiga dell'odiato Flavio Briatore. Per la Stampa «una macchina da soldi, un centro di potere della beautiful people del centrodestra, un conflitto d'interessi permanente». 600 euro a ingresso, come due sedute dall'armocromista della Schlein. Qui niente trench beigiolini, solo «borse di Gucci a tracolla» e «ciabattoni con velcro marca Dior». Tutti a «pancia nuda» (strano al mare, eh?!) e di una «magrezza malsana» (ma che vor dì?). Poi a tavola gli «spaghetti alla Flavio», aglio, olio e peperoncino, il cui prezzo (20 euro) fa inorridire l'inviato. Per la prossima inchiesta consigliamo un giro a Milano: entri in un ristorante qualsiasi e si faccia spennare senza vista mare.

Oltre il Twiga, Forte dei Marmi. Più che un paesino, «un club a perimetro chiuso» dove «i prezzi sono alti perché sono compravendite tra ricchi. Il sovrapprezzo scrive la Stampa è cedere la quota club». Qualche km più a nord, stessa narrazione. Zoagli, Liguria. «Giornali e caffè in piazzetta, i limoni da raccogliere nel giardino di casa, il profilo del Monte di Portofino a fare da quinta sul mare».

Ritratto da buen retiro, dove la politica trama: la «villa presa all'asta», il «regalo del vecchio sindaco di centrodestra», il Paese trasformato nel «feudo» dei La Russa. Solo fango. Tutto pur di sporcare quel mondo patinato e abbattere il nemico.

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