Messaggi vocali e scritti via whatsapp che sembravano il delirio di un pazzo. Tanto che, all'inizio, l'amica a cui erano indirizzati stenta a prenderli sul serio. Ma poi Chiara scompare. Non si trova. Il dubbio è atroce. E allora la ragazza riferisce fa ascoltare quei messaggi ai genitori, che allertano i carabinieri. Parte da qui la «filiera» delle indagini che, nel giro di 24 ore, porta al ritrovamento del cadavere di Chiara Gualzetti, 15 anni, e all'arresto del suo Carnefice, di un anno più grande. La confessione del minore spalanca lo scenario sull'inferno: «L'ho ammazzata io». E così i contenuti di quei messaggini trovano la più drammatica delle conferme. Subito dopo il delitto, il baby-assassino chatta frasi assurde: «Questa è depressa... L'ho fatto. Me l'ha detto lui. Lei mi urtava i nervi». Lui» chi? «Il demonio». «L'ho presa a calci in testa, mi sa che mi sono rotto un piede. Ho fatto delle foto», diceva ancora negli audio inviati mentre era nel parco dell'Abbazia di Monteveglio, domenica mattina. Aveva appena massacrato Chiara. E dava la colpa alle «voci sataniche»: «Domenica farò fuori una ragazza, già stavo per perdere il controllo, allora ho dovuto fare un patto con lui (il diavolo ndr) e almeno ho un po' colmato la sua sete».
Il gip del Tribunale dei minori di Bologna l'altro ieri ha confermato la custodia cautelare per il giovane accusato di omicidio premeditato: «è capace di intendere e volere, può reiterare il reato, non mostra alcun rimorso e non riesce a gestire le sue pulsioni di efferata violenza». Questi i punti-chiavi su cui il giudice ha maturato la sua decisione. Gli altri passaggi dell'ordinanza del gip completano il profilo criminale del killer di Chiara. Nel corso di tutta l'aggressione il minore ha dimostrato «estrema determinazione», accoltellando la vittima ripetutamente al collo, al petto e alla gola e poi prendendola a calci.
Il suo corpo è stato trovato lunedì scorso a poche centinaia di metri dalla sua casa di Monteveglio, in provincia di Bologna. Poche ore prima il suo carnefice era andata a prenderla a casa promettendole un regalo. Nello zaino nessun dono, ma un coltello portato da casa col preciso obiettivo di porre fine alla vita di Chiara. E così a 48 ore dall'interrogatorio di garanzia al Tribunale per i minorenni del capoluogo emiliano-romagnolo, il giovane resta detenuto in un carcere minorile, per il pericolo di fuga, perché «esiste l'esigenza di evitare la commissione di altri reati della stessa indole», vista «la mancanza di scrupoli, di freni inibitori, di motivazioni» o di segnali di ravvedimento, perché a rendere «particolarmente elevata la pericolosità attinente al rischio di reiterazione del reato è l'incapacità di autocontrollo» e per i gravi indizi di colpevolezza. Uno su tutti: le immagini riprese da un sistema di videosorveglianza, che mostrano il 16enne e la vittima allontanarsi insieme.
Ma anche il recupero dell'arma utilizzata, un coltello da cucina, il sequestro degli indumenti indossati al momento dei fatti e ancora sporchi di sangue, il rinvenimento della cover del cellulare della vittima e il tenore definito «inequivoco» dei messaggi vocali inviati all'amica, in cui raccontava tutto quello che aveva commesso subito dopo il fatto.Ieri l'esito dell'autopsia su Chiara: «Uccisa con due colpi mortali frontali al torace».
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