
Ci spieghi, chiede il giudice, che ruolo ha avuto il sindaco Beppe Sala nella nomina del presidente della Commissione paesaggio. È il momento cruciale della giornata di ieri. Davanti al giudice preliminare Mattia Fiorentini e al procuratore aggiunto Tiziana Siciliano c'è Giancarlo Tancredi, fino a lunedì assessore alla Rigenerazione urbana del Comune di Milano, costretto alle dimissioni dall'incriminazione per corruzione nell'inchiesta che vede indagato anche il sindaco Sala. La Procura vuole mettere Tancredi agli arresti domiciliari, nonostante le sue dimissioni dalla carica e anche dall'impiego in Comune, perché - spiega ieri Siciliano al giudice - potrebbe comunque continuare a delinquere. Ma è chiaro che l'obiettivo della Procura è arrivare più in alto: al sindaco che ha scelto di restare al suo posto, rivendicando di avere "le mani pulite", ma che per la Procura era il perno del governo ombra della città, quello dove sedevano politici, costruttori, progettisti.
Per capire il ruolo del sindaco Sala serve capire come sia stato possibile che alla testa della Commissione paesaggio, snodo di tutti i grandi appetiti edilizi, sia stato confermato proprio da Sala Giuseppe Marinoni, l'architetto che era a libro paga di molti di quei costruttori (e che per questo i pm vogliono chiudere a San Vittore). Ma davanti alla domanda del giudice, la risposta di Tancredi è netta: sono stato io a volere Marinoni in quel posto, perché era il più competente. Il sindaco ha solo firmato la nomina.
È il passaggio chiave degli interrogatori di ieri che, dopo una settimana di passione, mettono davanti ai magistrati i sei indagati (su un totale di 74) nella posizione peggiore, quelli che i pm vogliono mandare in cella o ai domiciliari. Per la prima volta i sei hanno modo di fornire le proprie repliche alle migliaia di righe piovute loro addosso sui giornali. L'unico a fare scena muta è Marinoni, tutti gli altri rispondono alle domande del giudice e del pm. Compreso il più importante tra i costruttori sotto accusa, Manfredi Catella, numero uno del colosso Coima, che sta chiuso per oltre due ore nella stanza al settimo piano del tribunale e ne esce diramando l'annuncio di un suo passo indietro. Marinoni ai magistrati non parla, si limita a consegnare una memoria difensiva, ma il suo legale Eugenio Bono spiega che la linea è secca: non c'è alcun episodio corruttivo, non c'era alcun sistema Milano. La battaglia difensiva, spiega il legale, Marinoni la combatterà al processo: come se ormai anche le difese diano per scontato che la Procura, per quel viluppo di poteri chiamato "sistema Milano", chiederà e otterrà il rinvio a giudizio.
Subito dopo Marinoni, nel braccio di tribunale interdetto ai mass media, arriva l'ex assessore Tancredi. Spera che la sua dimissione dall'incarico spinga la Procura a rinunciare alla richiesta di arresto, ma capisce in fretta che non è così. "Abbiamo confermato la richiesta di arresti domiciliari", spiega ai cronisti Tiziana Siciliano alla fine. Lì dentro, nell'aula a porte chiuse, Tancredi ha cercato in ogni modo di dimostrare la sua innocenza da qualunque accordo corruttivo. Il giudice e il pm gli hanno contestato il suo ruolo di mediatore con i costruttori, gli incontri in cui venivano spianati gli ostacoli ai progetti che miracolavano le volumetrie. Tancredi spiega: non erano incontri clandestini, quando la Commissione evidenziava anomalie o le segnalava ai costruttori e ai professionisti, poi ci incontravamo nei miei uffici ("nei miei uffici, solo lì", sottolinea l'ex assessore, come a dire: non esisteva un tavolo occulto o parallelo), indicavamo gli ostacoli, poi loro potevano decidere se rimuoverli. Se non lo facevano, la bocciatura restava. "Ho sempre agito nell'interesse del Comune", è la sintesi. È un passaggio importante, perché nega l'esistenza del mondo di accordi sottobanco che per i pm era il retroscena del boom edilizio di Milano.
A negarne l'esistenza, ognuno dal suo punto di vista, sono anche gli altri interrogati: i costruttori Federico Pella e Andrea Bezziccheri, l'architetto Alessandro Scandurra. Sarà ora il giudice Fiorentini a decidere se arrestarli o lasciarli a piede libero. La decisione, entro la prossima settimana.