I pm si accaniscono sul caso Ruby: "Processate i coimputati"

Dopo 13 anni, la Procura vuole un processo che vedrebbe idealmente alla sbarra solo Berlusconi

I pm si accaniscono sul caso Ruby: "Processate i coimputati"
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Fatti di tredici anni fa, passati già per quattro processi senza che saltasse fuori un reato: ma il caso Ruby continua ad essere il terreno su cui la magistratura cerca di incastrare Silvio Berlusconi. E siccome Berlusconi non può più essere processato né condannato, ora la Procura generale della Cassazione chiede che si processino di nuovo i suoi coimputati, a partire dalle (allora) giovani ospiti delle sue cene eleganti ad Arcore. Se il nuovo processo venisse davvero celebrato lo scenario sarebbe questo: sul banco degli imputati il Cavaliere non ci sarebbe ma le accuse, le testimonianze, gli articoli parlerebbero tutti di lui. E se dovessero arrivare delle condanne, il corollario mediatico e politico sarebbe ovvio: ecco, anche Berlusconi era colpevole.

Tutto ruota intorno alle testimonianze con cui durante il primo processo Ruby buona parte delle ospiti delle feste ad Arcore, compresa Kharima el Mahroug alias Ruby, negarono di avere assistito o partecipato a scene hard. Berlusconi venne assolto in appello e in Cassazione, ma subito dopo la Procura di Milano incriminò lui e le testimoni: il Cavaliere avrebbe comprato i loro silenzi e le loro bugie.

Anche questa accusa si è affossata: il 15 febbraio dell'anno scorso il tribunale di Milano assolse il Cavaliere e tutti i coimputati. Il processo, disse la sentenza, non stava in piedi: perché le Olgettine vennero sentite come testi mentre invece erano di fatto indagate. Se i loro diritti fossero stati rispettati, avrebbero potuto tacere o mentire. Dopo la morte di Berlusconi, la Procura di Milano ritenne inaccettabile che il Cavaliere potesse cavarsela così, e fece ricorso in Cassazione contro l'assoluzione.

Ieri, davanti alla Suprema Corte, il sostituto procuratore generale Roberto Aniello fa sua in pieno la tesi della Procura. Certo, a differenza dei pm di Milano, ammette - e non è una ammissione da poco - che durante il processo Ruby venne violata la legge. «Seppure l'audizione delle attuali imputate sua sia stata illegittima in quanto esse erano già raggiunte da indizi di reato - afferma Aniello - ciò non incide sulla sussistenza del reato di corruzione in atti giudiziari, che rimane configurabile in quanto le funzioni di pubblico ufficiale sono state concretamente esercitate». Poco importa che alle donne chiamate a deporre sia stato tolto il diritto di tacere, quello che conta è l'aspetto formale «Non può esservi alcun dubbio sul fatto che, nel momento in cui il giudice emette l'ordinanza di ammissione delle prove, i soggetti ammessi a deporre acquisiscono la qualità di testimone». Il procuratore generale ha parole severe per i colleghi di Milano che assolsero tutti sulla base di decisioni precedenti della Cassazione: «È evidente l'esattezza dei rilievi contenuti nel ricorso in merito all'equivoco in cui e caduto il tribunale nell'interpretare le sentenza della Cassazione». Neanche per idea, ribattono i legali delle difese: come Paolo Cassamagnaghi, avvocato di Marystelle Polanco, che accusa il pg di evocare una figura ibrida, il «pubblico ufficiale di fatto» che «ha senso se parlassimo di dipendenti pubblici.

Per chi viene chiamato a deporre in un processo, l'obbligo c'è o non c'è. E in questo caso è chiaro che non c'era».

Avremo o non avremo il processo Ruby quinquies? La sesta sezione della Cassazione, presieduta dal giudice Giorgio Fidelbo, emetterà la sua decisione il 10 luglio.

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