Nel giorno in cui la ministra dell'Interno di questo governo e di questa maggioranza Luciana Lamorgese dice che «questi arrivi continui di immigrati sono inaccettabili» lo stesso governo e la stessa maggioranza mandano a processo Matteo Salvini per essersi opposto, bisogna ammettere con un certo successo, agli «arrivi continui». Questo cortocircuito logico ben rappresenta quanto sia impazzita quella maionese che è la politica italiana, perennemente presa a fare gli affari suoi invece che i nostri (arginare l'immigrazione è un affare anche nostro, oltre che della ministra Lamorgese).
Basti pensare che poche ore prima del voto su Salvini la maggioranza era andata mai come prima sull'orlo della crisi. Ma non per una crisi di coscienza per la porcata che si apprestava a fare, non sull'emergenza Covid, non sull'economia e neppure sulla gestione degli sbarchi bensì sulle poltrone dei presidenti delle commissioni parlamentari.
Parliamo di scranni di sottopotere che dopo estenuanti trattative erano stati divisi col manuale Cencelli tra Cinque Stelle, Pd, Leu e Italia Viva senza però fare i conti con i rischi del voto segreto che, a sorpresa, ha fatto saltare in parte i piani concordati.
Una maggioranza di poltronai ipocriti - «a noi non interessano le poltrone» è il mantra di Di Maio, Renzi, Zingaretti e Bersani sta insomma provando a fare fuori per via giudiziaria il leader dell'opposizione. In questo, bisogna ammetterlo, sono bravissimi, è l'unica cosa in cui eccellono in combutta con la magistratura e i giornali amici, come ha ben spiegato il magistrato Palamara e come confermano le novità emerse solo di recente sulla condanna di Berlusconi del 2013.
Già, perché questi partiti non si accontentano delle poltrone, vogliono tenersi ben stretti anche i divani di governo.
Io non ho idea di quale sia la «qualità» di quelle poltrone, certo è che quella di questa maggioranza è poca cosa, sia per capacità che per moralità.
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