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Per i privati "quota 100" è una trappola: anche i gialloverdi sfornano esodati

Per 50mila lavoratori non basteranno i 62 anni di età e 38 di contributi

Per i privati "quota 100" è una trappola: anche i gialloverdi sfornano esodati

Dietro l'esercito degli esodati figli della Legge Fornero, che in parte sono stati recuperati grazie a salvaguardie e anticipi pensionistici, ne sta arrivando un altro: i nuovi futuri esodati di Quota 100. Non proprio un manipolo di persone, visto che il numero si stima possa facilmente raggiungere le 50mila unità che, lavorando nel settore privato ha voluto usufruire della prima finestra utile (aprile 2019) per accedere alla pensione. Peccato però che se nel settore pubblico ci sono sei mesi di tempo per presentare la domanda di pensionamento mentre si continua a restare in servizio attivo, nel settore privato non può essere così. Ai dipendenti pubblici è anche consentito di fare dietro front qualora scoprano di non essere in riga con i requisiti di legge. Differentemente, nel settore privato, sono tassative le dimissioni per avviare le pratiche pensionistiche. E, una volta date le dimissioni, difficilmente si potrà tornare indietro.

Ecco infatti cosa può accadere se il lavoratore pensionando raggiunge Quota 100 con un conteggio pressoché erroneo o semplicemente spurio dai vincoli legislativi precedenti ma ancora in vigore prima dell'approvazione del decreto 4/2019. Se si presume di rientrare nel traguardo utilizzando i propri 62 anni di età assieme ai 38 di contributi magari confermati dai 34 effettivamente lavorati e sommati 4 anni di riscatto della laurea ci si ritrova fuori dal cerchio consentito. Non ci sono combinazioni alternative che tengano. Quota 100 infatti non è solo il frutto di 62 e 38 ma l'inghippo o peggio, l'inganno, sta proprio nel 38. È su questo numero infatti che a partire dal 2016 si fissa il primo paletto per i dipendenti del settore privato: ossia gli anni lavorati non possono essere meno di 35 tondi come ha puntualizzato più volte l'ex numero uno di Inps Tito Boeri ogniqualvolta che sottolineava i vincoli cui sarebbe stato sottoposto il nuovo provvedimento del governo gialloverde. Insomma è vero che 38 è il requisito minimo come è scritto nel decreto legge 4/2019 ma è 35 il requisito imposto cui bisogna necessariamente fare riferimento anche se si volesse riscattare una laurea. Anche se gli anni di corso sono stati cinque o addirittura sei. E se il decreto pubblicato in Gazzetta ufficiale non pone differenziazioni sul numero 38 lo fa la circolare dell'Istituto nazionale di previdenza emanata a tutti gli sportelli Caf.

Ed è proprio qui che si stanno ammassando le domande di pensionamento del settore privato tra quelle che rientrano nei requisiti di legge e quelle che sono fuori. Impensabile fino a qualche mese fa che un decreto ragionato per abbattere di fatto la Legge Fornero si ritrovasse a produrre le medesime drammatiche controversie. Questa volta gli esodati non saranno assimilabili a un popolo di over 50. No, peggio. Sarà una sorta di sottoinsieme di disoccupati, sessantaduenni, che si ritroverà senza stipendio fino ai 67 anni. E già, sarà costretto ad andare in pensione con le Legge Fornero e, per questi cinque anni a venire, sarà marchiato come il nuovo esodato. Certo, a meno che il governo Conte di concerto con il nuovo presidente dell'Inps Pasquale Tridico non costruisca un'artificiosa stampella che supporti il decreto legge fino a sanare queste nuove posizioni e consentire la maturazione dei requisiti per la tanto agognata pensione.

Curioso e singolare, a dire poco, però che il neo numero uno dell'Inps, già nelle grazie pentastellate come candidato ministro del Welfare nell'ipotetica squadra di governo M5S, non abbia fatto caso a questa limitazione grossolana e trovato in tempo utile una misura di mediazione.

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