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I renziani gelano Letta sulla legge elettorale. Stop anche da Tajani

Dall'"operazione proporzionale" del Pd si sfilano Fi e Iv. Centrodestra ok nei sondaggi

I renziani gelano Letta sulla legge elettorale. Stop anche da Tajani

La tentazione è sempre dietro l'angolo: cambiare le regole del gioco a pochi mesi o a poche settimane dal voto. Una operazione già avvenuta in passato e che ora torna ad affacciarsi nella mente del Partito democratico che cerca di insinuarsi nel momento di «freddo» nei rapporti tra il centrodestra di governo e quello di opposizione.

Il sogno è quello di riproporre un proporzionale puro con un meccanismo che lasci più campo possibile ad alleanze ex post e alla formazione di un governo di derivazione parlamentare piuttosto che derivante da un chiaro verdetto elettorale. Una ipotesi che però viene stoppata sia da Italia viva che da Forza Italia, due delle forze su cui i Dem vorrebbero lavorare per raggiungere il risultato sperato. «La legge elettorale che porta il mio nome è la più brutta del mondo, come dice Letta, però ha un vantaggio: è stata votata dalla più grande maggioranza della storia della Repubblica. Se si riesce a fare una legge elettorale con un accordo così ampio allora va bene riscriverla, ma ad oggi non c'è questa maggioranza» dice Ettore Rosato, coordinatore di Italia viva, intervenendo a Radio Cusano Campus. Semaforo rosso arriva anche da Antonio Tajani, al Forum Ansa. «La legge elettorale bisognerebbe farla a inizio legislatura, ora non vedo i tempi necessari, poi abbiamo visto che cambiando le leggi non sempre abbiamo avuto governi stabili».

Al netto delle manovre sulla legge elettorale, l'attenzione resta puntata sui sondaggi. In particolare quello Ipsos del Corriere della sera vede Fratelli d'Italia e il Pd appaiati al 21% con Lega (15,1%) e Movimento 5 stelle (13,7%), che arretrano di circa un punto, ai minimi della legislatura. La Lega però può contare su una distribuzione del consenso sul territorio che potrebbe premiarla in maniera superiore alla sua percentuale. Forza Italia si attesta all'8,3%, mentre continua il trend di crescita di Italexit, oggi al 4,5%, che attrae gli elettori delusi soprattutto della Lega e del M5s.

La competizione tra i due schieramenti è aperta. Il cosiddetto «campo largo» (46,2%), in sostanza una sorta di tutti dentro, e il centrodestra (44,4%) oscillano su numeri simili, mentre il centrodestra è chiaramente in vantaggio sul centrosinistra (32,5%) e sull'alleanza giallorossa (38%). Sul fronte dei leader, comanda Giorgia Meloni (36), seguita da Giuseppe Conte (32) e Speranza (31). Sale nei consensi Silvio Berlusconi (27), seguito da Letta e Bonino (26), Paragone (25), Salvini e Toti (24).

Se i numeri danno ragione al centrodestra, ciò non significa trovare automaticamente la formula della governabilità. Un obiettivo per il quale Forza Italia è convinta di poter giocare un ruolo fondamentale. «Senza di noi, un partito garante di un centro popolare, liberale, moderato ed europeista, il centrodestra perde. Potrebbe anche raggiungere la maggioranza ma non sarà mai in grado di governare» dice Tajani. Il coordinatore azzurro punzecchia, con il suo stile, Fdi e la sua scelta di rimanere fieramente all'opposizione: «Abbiamo anteposto l'interesse del Paese a quello del nostro partito.

Avremmo voluto che anche Fdi avesse partecipato a questo governo proprio perché si dicono patrioti».

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