I Repubblicani aprono. E ora lo Sinn Fein spera di entrare nel governo

Risultato storico dell'ex braccio politico dell'Ira Uno dei due partiti tradizionali è possibilista

I Repubblicani aprono. E ora lo Sinn Fein spera di entrare nel governo

Londra Il primo candidato eletto è Donnchadh Ó Laoghaire, poco prima delle 16:30 locali. Il primo di una nutrita pattuglia di esponenti del Sinn Féin che siederanno nel prossimo Dáil, la Camera Bassa del parlamento irlandese, quella in cui si concentra il potere legislativo. È questa la sorpresa delle elezioni irlandesi di sabato, il successo senza precedenti di quello che una volta era il braccio politico dell'Ira.

Al momento in cui questo giornale va in stampa sono stati assegnati solo 29 seggi su 160 e, a meno di ribaltoni improbabili, questa sarà ricordata come l'elezione in cui Sinn Féin si è seduto allo stesso tavolo degli altri due partiti storici, i repubblicani del Fianna Fáil e i popolari di Fine Gael. Mai nella storia repubblicana del Paese era riuscito a ottenere un risultato simile. Secondo le proiezioni il Sinn Féin è accreditato tra i 36 e i 40 parlamentari, quasi il massimo di quello che poteva raggiungere. Ha infatti presentato solo 42 candidati su un totale di 160 seggi, facendosi in qualche modo trovare impreparato al suo stesso successo. Un exploit che ha interessato quasi tutte le generazioni, a cominciare dai più giovani, quelli che maggiormente sono stati colpiti dall'emergenza immobiliare del Paese: carenza di case per una popolazione crescente, anche grazie all'immigrazione, che ha spinto i valori degli immobili e gli affitti alle stelle. Vanificando così per molti i benefici economici di una lunga e solida crescita economica successiva alla crisi del 2008 che portò, due anni dopo, all'intervento dell'Ue e del Fondo Monetario Internazionale per salvare il sistema finanziario di Dublino. L'altro grande tema della campagna elettorale, la sanità pubblica, non ha scaldato i cuori dei più anziani: gli over 65 sono l'unico gruppo elettorale in cui il Sinn Féin non è riuscito a far breccia. Tra queste persone le memorie di decenni di violenze per l'annessione dell'Irlanda del Nord sono ancora troppo vive. Ma per i più giovani quel periodo comincia ad appartenere alla storia. È proprio la progressiva normalizzazione del partito che ha contribuito a renderlo votabile, aiutato in questo anche da una nuova leader, Mary Lou McDonald, che ha sostituito due anni fa lo storico Gerry Adams, troppo legato agli anni di lotta contro gli inglesi. L'altra ragione del suo successo risiede nelle sue ricette di sinistra: più tassazione, maggiore redistribuzione della ricchezza, più servizi sociali hanno intercettato la voglia di cambiamento dell'elettorato dopo 9 anni di governo Fine Gael.

«È tempo di cambiare» è stato lo slogan elettorale del Sinn Féin. Una richiesta che McDonald ha ribadito già ieri pomeriggio, a spoglio in corso ma a risultati oramai chiari. Stiamo già trattando con i Verdi, i Social Democratici, il Popolo prima del profitto, ha dichiarato. Una presa di posizione di facciata, la formazione di un governo non può prescindere da un accordo con almeno uno tra Fianna Fáil e Fine Gael. Fino a sabato entrambi ribadivano il loro no a colloqui con lo Sinn Féin, un ostracismo storico che ha sempre escluso i nazionalisti dal governo. Ma con il voto di ieri gli equilibri cambiano e così le prospettive future. Escluderci sarebbe antidemocratico, ha aggiunto McDonald, rappresentiamo una fetta consistente dell'elettorato.

E sembra pensarla così anche Micheál Martin, leader del Fianna Fáil, dato favorito alla vigilia, forse il grande sconfitto delle urne. Facciamo passare questi giorni, ha commentato, poi vedremo. Sono un democratico e rispetto la decisione delle persone. Sarebbe un'apertura politica storica per l'Irlanda.

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