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I saluti di Mattarella: "Lascio il mio ruolo". E traccia l'identikit del successore: "Sia super partes"

Il presidente esclude, "come dispone la Costituzione", il secondo mandato. Il prossimo capo dello Stato deve "spogliarsi di ogni appartenenza" politica. E rivendica la scelta di Draghi: "Ci ha evitato pericolosi salti nel buio".

I saluti di Mattarella: "Lascio il mio ruolo". E traccia l'identikit del successore: "Sia super partes"

E dunque alla fine se ne va, sbaglia chi si illude ancora. «Tra pochi giorni, come dispone la Costituzione, si concluderà il mio ruolo di presidente». Sergio Mattarella se ne va, ma il prossimo, avverte, dovrà somigliarmi parecchio. Cioè, dovrà «spogliarsi di ogni appartenenza», perseguire «l'interesse generale» e «garantire l'unita istituzionale e morale». Un identikit? Un manuale d'uso? O chissà, magari è una traccia, una previsione: il tredicesimo capo dello Stato sarà un politico? Mario Draghi, tanto per dire, o Marta Cartabia, sono già neutri, trasversali, e non si devono spogliare di nulla.

Un quarto d'ora, in piedi, davanti alla finestra sui giardini, con solo un pizzico di emozione e le bandiere sulla destra. Basso profilo, nessun effetto speciale. Un congedo minimal, quasi sussurrato, in perfetto stile con l'uomo. Ma dietro il tono da nonno della Repubblica, sotto la forza calma emanata dal discorso, ecco la durezza sostanziale del messaggio ai partiti. Abbiamo vissuto un altro anno terribile, abbiamo ballato, ora «ci siamo rialzati», però c'è un Paese da ricostruire, quindi il patto di governo deve proseguire. «Le cronache spesso si incentrano sui punti di tensione e sulle fratture, ma nei momenti di grave difficoltà nazionale serve la coesione e la leale collaborazione tra le istituzioni». Non siamo fuori dell'emergenza. I contagi aumentano, il Pnrr deve essere applicato e i miliardi del Recovery vanno spesi bene. Per questo, al là delle legittime differenze di opinione, abbiamo ancora bisogno di quella «governabilità che ha permesso all'Italia, in alcuni passaggi particolarmente difficili e impegnativi, di evitare pericolosi salti nel buio». Infatti adesso, con buona pace di Giuseppe Conte, grazie al lavoro di Draghi a Palazzo Chigi è cominciato «il percorso di ricostruzione».

Draghi, appunto, una scelta che Mattarella rivendica con forza. Serviva, era l'uomo giusto, ha funzionato. Il presidente della Repubblica ricorda a tutti che il capo dello Stato, oltre che «spogliarsi» della casacca politica, deve pure «salvaguardare ruolo, prerogative e poteri, esercitarli pienamente e trasmetterli integri al successore». Così, il nome di SuperMario non è uscito dalle consultazioni o da incontri con segretari di partito, ma è stato il frutto della decisione, difficile e solitaria, del capo dello Stato. Conte non aveva più la maggioranza e le elezioni anticipate ci avrebbero fatto sprofondare. Non sarebbe partita la campagna vaccinale, non avremmo agganciato gli aiuti europei, non sarebbero partite le riforme. Merito anche del profondo «senso di responsabilità dei cittadini».

Solidarietà, interesse generale, comunanza di intenti. Questo «è il volto di una Paese unito e solido, il patriottismo concretamente espresso nella vita della Repubblica». E patrioti per Mattarella sono anche i cinquanta milioni di italiani che si sono immunizzati. Il capo dello Stato ripensa alla situazione di un anno fa, alle «bare portate via dagli automezzi militari», al lockdown, alla «disperazione», alle scuole chiuse, alle strade svuotate, alle fabbriche ferme, ai negozi sbarrati, alle famiglie finite in povertà, agli «ospedali al collasso». Alla sensazione generale di «impotenza» davanti un nemico sconosciuto e sterminatore. «La pandemia ha sconvolto il mondo e le nostre vite».

«Cosa avremmo dato - si chiede il presidente - in quei giorni per avere il vaccino?». Ora ce l'abbiamo, «la ricerca e la scienza ci hanno consegnato, molto prima di quanto si potesse sperare, questa opportunità». Eppure ci sono ancora cinque milioni e mezzo di italiani che lo rifiutano. Cittadini dubbiosi, poco informati, pericolosi per sé e per gli altri. Mattarella ha già condannato più volte i no vax, che non hanno senso civico e si tengono ai margini della comunità, e nel discorso di Capodanno torna sull'argomento. «Sprecare anche soltanto una dose è un'offesa a chi questa opportunità non l'ha avuta e non riesce oggi ad averla». Alle centinaia di migliaia di morti. «I vaccini non garantiscono l'invulnerabilità, però hanno salvato migliaia di vite e ridotto di molto la pericolosità della malattia. Basti pensare come abbiamo trascorso le festività natalizie lo scorso anno e come invece è possibile adesso». Da questo punto di vista al Colle appare assurdo il dibattito sull'estensione o no del super greenpass per il lavoro: la salute e il motore della ripresa economica.

Sette anni «impegnativi, drammatici», al di là del Covid. «Ringrazio gli italiani che non mi hanno mai fatto sentire solo. Ho percepito l'aspirazione diffusa ad essere una vera comunità, con il senso di responsabilità che precede le molteplici differenze di idee e di vedute. Ha mostrato il volto migliore del Paese». Ringrazia anche medici e infermieri che si sono battuti «con coraggio» contro il virus e abbraccia le famiglie delle «troppe vittime». Quanto all'Italia, «ce la farà, siamo migliori e più maturi di quanto ci dipingiamo: ma questa è anche la stagione dei doveri, dalle difficoltà si esce se ognuno accetta di fare la propria parte».

E lui, dice, ha fatto la sua.

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