"I servizi d'ordine? Se non hai linea e idee non puoi garantirli"

Il giornalista ex militante di "Lc" Paolo Liguori: "I barricaderi portano violenza"

"I servizi d'ordine? Se non hai linea e idee non puoi garantirli"
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I cortei violenti e la sinistra. Le famiglie, i giovani mano nella mano, le bandiere colorate. E perfino i bambini nei passeggini. Poi saltano fuori i bastoni, partono le pietre. E finisce come è finita alla Centrale di Milano, a Udine l'altra sera, a Bologna, a Livorno, all'aeroporto di Pisa e poi via elencando da capo all'altro della penisola.

"È il festival dell'ipocrisia", spiega Paolo Liguori, giornalista di lungo corso, da sempre uno dei volti più popolari di Mediaset. "Non è possibile che ad ogni manifestazione si dica: Noi non c'entriamo con i violenti che sono una minoranza".

E che cosa dovrebbero dire le migliaia di persone che manifestano pacificamente?

"Ai miei tempi, negli anni Settanta, quando militavo in Lotta continua, c'era un servizio d'ordine, anzi ogni movimento aveva il suo che impediva sconfinamenti, violenze, pestaggi".

Forse oggi non sono così organizzati?

"I segnali premonitori, chiamiamoli cosi, li hanno visti tutti".

Quali?

"Se nel corteo qualcuno inalbera uno striscione con la scritta Dal fiume al mare, o si bruciano i manichini di Trump o di Netanyahu o, peggio, di Giorgia Meloni, allora il finale è prevedibile".

D'accordo, ma in concreto?

"Queste manifestazioni sono lo specchio della sinistra di oggi".

E cosa riflette lo specchio?

"L'assenza di una leadership capace di imporre una linea. E poi, la fascinazione per la linea più movimentista e barricadera, quella che infine genera la violenza con una puntualità imbarazzante".

Le condanne arrivano sempre fuori tempo massimo.

"La verità è che i violenti rientrano nell'antica categoria dei compagni che sbagliano. Ma in definitiva sono nell'album di famiglia. Certo, poi ci sono i distinguo, le dissociazioni e naturalmente nessuno mette in discussione la buona fede dei più. Ma l'evidenza è dentro i cortei, negli slogan contro Israele, contro gli Usa e contro l'Occidente".

C'è un clima di ambiguità?

"Certo, che si somma all'incertezza di fondo e all'ipocrisia di cui parlavo. Se mezza sinistra perde la testa per Francesca Albanese e per le sue posizioni così unilaterali, così sbilanciate, così filo Hamas, tanto da mettere a tacere il sindaco di Reggio Emilia, allora qualcosa non quadra. Allora non ci si deve stupire di nulla".

I violenti vanno messi alla porta prima?

"Quando il Pci, dopo una lunga stagione di tolleranza, sposò la linea dura, l'apparato del partito, i suoi quadri, il suo servizio d'ordine, tutti si misero a isolare l'ala violenta del Movimento. In ogni caso, tutti sapevano come regolarsi e non c'era margine per contestazioni improvvisate. Se si scatenavano i facinorosi, voleva dire che tutto era stato premeditato. Ci fu solo un momento in cui la situazione sfuggì di mano".

Quando?

"A Ponte Garibaldi, nel '77, gli autonomi tirarono fuori le pistole e i poliziotti iniziarono a sparare. Sappiamo come finì".

E come finì?

"Le forze dell'ordine risposero e morì Giorgiana Masi. Ma c'è un altro indicatore di violenza".

Quale?

"Le ultime manifestazioni, a pace firmata, a Milano e Udine, erano non per la Palestina ma contro Israele. Più chiaro di così.

Non solo: così i pro Pal diventano anti Pal perché se i palestinesi non riconoscono Israele la situazione non cambierà mai. Ora si dovrebbe prendere atto che l'accordo firmato non riguarda solo Israele la Palestina ma tutto il Medio Oriente ed è un passo in avanti gigantesco".

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