I sospetti su Putin "Cancro alla tiroide. Visitato 35 volte". Mosca smentisce (ma il giallo resta)

I giornalisti di "Proekt": "Un gruppo di medici sta sempre con lui". I media Usa: "È una guerra per affondare l’ego del presidente"

I sospetti su Putin "Cancro alla tiroide. Visitato 35 volte". Mosca smentisce (ma il giallo resta)

Una nuvola di medici gli è sempre intorno. C'è il team di dottori che lo tallonano nei viaggi e c'è lo specialista che sarebbe andato a visitarlo 35 volte nella residenza di Sochi. Il signore della guerra non sta bene ed è il media russo Proekt, indipendente e specializzato in giornalismo investigativo, a sparare la presunta notizia del giorno: Vladimir Putin ha un cancro alla tiroide. E ha bisogno costante di cure e medicine. Verità, bugia o un mix alla ruota del verosimile? Il Cremlino, naturalmente, smentisce, anche se da tempo gli esperti occidentali, a caccia di indizi sul potere a Mosca, si interrogavano su certi pallori e gonfiori fra collo e viso dello Zar.

Difficile raccapezzarsi fra confidenze, scoop e veleni: la malattia è sinonimo di vulnerabilità e la conferma metterebbe in moto la corsa al dopo e ai futuri assetti del Cremlino. Ecco perché le voci che circolano vanno pesate con attenzione e possono essere lette come uno dei tanti lati del conflitto che si combatte sul campo ma anche dietro le quinte fra la Russia, l'Ucraina e l'Occidente. I giornalisti di Proekt in ogni caso fanno i salti mortali per assicurare un'informazione interessante se non libera e lo scudo che si sono costruiti è basato sull'anonimato: nessuna firma i pezzi. E così nessuno, almeno in teoria, si espone più dei colleghi. Un esercizio di equilibrismo che almeno sulla carta dà i suoi frutti proibiti. Recentemente, scrive dunque Proekt, Putin ha chiesto aiuto a «uno specialista in cancro alla tiroide che è andato a trovarlo 35 volte. Trentacinque volte nell'arco di quattro anni».

Una prova lampante, anche se tutta da verificare, dell'esistenza di un problema importante di salute. Di più, il media fa anche il nome del medico: Evgeny Selivanov, endocrinologo, del Central Clinical Hospital di Mosca. Il destino di Putin è nelle sue mani. Di più, Selivanov fa o farebbe parte, se vogliamo essere prudenti fino al condizionale, di un gruppetto di medici - le cui identità vengono rivelate - che non avrebbe mai perso di vista il Presidente nel corso dei suoi spostamenti. Fin troppo facile associare i guai di salute ai comportamenti bizzarri, indecifrabili o quasi paranoici che vengono di volta in volta attributi al sessantanovenne Putin che un tempo sembrava aver imboccato la strada dell'abbraccio all'Europa e ora, non più giovanissimo, vorrebbe invece soffocarla. Chissà. Gli autori dipingono un quadro sempre più drammatico e in evoluzione: all'inizio i consulti erano rari e si dava poca attenzione «ai problemi come la febbre».

Poi qualcosa cambia: già nel novembre 2016 per esempio Putin scappa per una settimana a Sochi sul Mar Nero e riceve un corteo di neurochirurghi e rianimatori, guidati da Oleg Myshkin. Per Dmytry Peskov, portavoce del Cremlino, è tutto falso. La Cnn invece tenta un'analisi più sofisticata: è in corso una battaglia psicologica, una guerra nella guerra, condotta dalle intelligence occidentali per colpire l'orgoglio di Putin e affondare il suo ego. Ecco, dunque, un presidente mal consigliato, disinformato e ora pure malato. Solo, dunque, e alla guida di un'armata impantanata e col morale a terra.

Come sempre in queste situazioni, è quasi impossibile separare le certezze dai colpi bassi e dalle insinuazioni. E però Proekt mette in evidenza la reticenza del potere nel raccontare il corpo del presidente russo. Un mix di autocensura, paura, mancata trasparenza che alimenta illazioni di ogni genere. Molti anni fa, svelano i cronisti russi, Putin era caduto da cavallo e si era fatto male alla schiena, ma già allora la corte taceva.

Una vecchia storia che sembra ripetere il copione dell'epoca sovietica: quando i «tiranni» comunisti, pallidi come mummie e decrepiti, morivano quasi sempre di raffreddore o qualcosa del genere. In un silenzio colmo di imbarazzo e di spazi vuoti. Da riempire in qualche modo. Allora come oggi.

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