da Roma
Archiviate le regionali da poco più di 48 ore, si torna di nuovo in piena campagna elettorale o, a esser precisi, referendaria.
Una corsa che durerà all'incirca quattro mesi e che ci porterà al referendum costituzionale sulla riforma della giustizia e la separazione delle carriere, consultazione - spiega il ministro Carlo Nordio - che "secondo i nostri calcoli dovrebbe tenersi nella prima metà di marzo". Dall'opposizione c'è chi sostiene si slitterà di qualche settimana, ma sono dettagli. La sostanza è che poco prima o poco dopo Pasqua sapremo se gli italiani confermeranno o bocceranno la riforma della giustizia, un passaggio decisivo in vista delle politiche del 2027. La vittoria dei "sì" rinsalderebbe più che mai un governo che a maggio diventerà il secondo più longevo della storia della Repubblica, quella del "no" sarebbe la prima vittoria di peso per il centrosinistra e inevitabilmente azzopperebbe la maggioranza. Tutte ragioni per cui la riforma della legge elettorale entrerà davvero nel vivo solo dopo questo passaggio chiave. Perché per decidere davvero se e come mettere mano al sistema di voto è necessario avere il quadro chiaro della situazione. Senza considerare un altro fattore non secondario: mettere sul tavolo nei prossimi mesi la riforma della legge elettorale non farebbe altro che alimentare la narrazione del centrosinistra che - mettendo in fila riforma della giustizia, premierato e legge elettorale - rinfaccia a Giorgia Meloni di volere i "pieni poteri".
Un piccolo assaggio lo ha dato ieri il Pd, con la presidente dei deputati Chiara Braga che è uscita dalla capigruppo della Camera promettendo battaglia contro la maggioranza che a gennaio sarebbe pronta a calendarizzare in aula il premierato. Peccato che la riunione di ieri riguardasse la programmazione trimestrale dei lavori e che l'indicazione - come sempre accade in questi casi - sia generica e non vincolante. Anche nella capigruppo di settembre, per capirci, era stato indicato il premierato e - spiegano fonti di governo - lo stesso accadrà in quella di marzo prossimo. Senza considerare il dato tecnico, e cioè che il premierato - che alla Camera sarà modificato - è ancora fermo in commissione e non è neanche stato fissato il termine per la presentazione degli emendamenti. Insomma, che sia in corso un'accelerazione è altamente improbabile. Anche perché la maggioranza vuole sì portare a casa la riforma, ma senza fretta e con l'obiettivo che il relativo referendum confermativo - ben più in bilico di quello sulla riforma della giustizia - si tenga dopo le politiche 2027 e, dunque, non le condizioni.
Ed è per questa ragione che, parallelamente, si procederà sulla riforma della legge elettorale, un proporzionale con premio di maggioranza che ricalca i principi che hanno ispirato il premierato. Ma con una legge ordinaria, slegata dalla riforma costituzionale e che può entrare in vigore subito (a differenza di quanto accadde con Matteo Renzi, visto che la sua riforma cancellava il bicameralismo perfetto e l'Italicum era quindi solo per la Camera). "La legge elettorale - spiega il presidente del Senato Ignazio La Russa - deve evitare che in Italia, se nel frattempo non intervenisse il premierato, si crei una situazione di stallo che comporta un danno per i cittadini che non vedrebbero un governo deciso da loro ma un esecutivo tecnico". E tutto vuole Meloni fuorché - dopo un'intera legislatura alla guida di un governo politico - trovarsi nella posizione di doversi far carico di un esecutivo di scopo nel caso le elezioni portassero a una pareggio al Senato.
Non a caso, anche Giovanbattista Fazzolari spiega che "sarebbe bene avere già prima una legge elettorale che rispecchia quella che dovrà essere adottata con la riforma del premierato". Che, spiega il sottosegretario alla presidenza del Consiglio a un evento per i 25 anni di Libero, "completerà l'iter parlamentare e poi verrà sottoposto al giudizio degli italiani".
Tutti argomenti di cui Meloni ed Elly Schlein
potrebbero trovarsi a discutere ad Atreju, la storica manifestazione di Fdi. Invitata, infatti, la segretaria dem ha lanciato il guanto di sfida: "Accetto, ma solo a condizione di avere un confronto diretto con la premier".