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I timori del Colle: troppi fronti aperti rischiano di logorare il governo

Mattarella ribadisce il suo appello all'unità. Licenziamenti, Draghi: "La mediazione tiene"

I timori del Colle: troppi fronti aperti rischiano di logorare la spinta del governo

I tanti fronti aperti rischiano di indebolire l'azione del governo in una fase decisiva per la ripresa. L'ultimo terreno di scontro è la proroga del blocco dei licenziamenti.

Al Colle c'è forte preoccupazione per le continue fibrillazioni tra le forze politiche che sostengono l'esecutivo guidato da Mario Draghi. Il governo sembra aver smarrito lo spirito di unità mostrato nella fase iniziale. Il rischio è il consolidamento nella larga maggioranza di due blocchi contrapposti: da un lato l'anima di sinistra, guidata dalla coppia Speranza-Orlando, spinta dalle uscite del segretario Pd Enrico Letta, dall'altro lato del campo c'è il fronte Forza Italia- Giorgetti-Confindustria. L'uno contro l'altro armato.

Una guerra permanente che rischia di logorare Draghi. Anche se il ministro del Lavoro Orlando getta acqua sul fuoco: «C'è stata una polemica ingiustificata e priva di fondamento con Confindustria», dice al Tg3.

Il timore di una guerriglia quotidiana cresce con l'avvicinarsi del semestre bianco: dal 3 agosto fino all'elezione del prossimo Presidente della Repubblica non potranno essere sciolte le Camere. Un liberi tutti che si incrocia con un altro passaggio pericoloso per la tenuta del governo Draghi: la campagna elettorale per le Comunali in autunno. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nell'ultima settimana, per ben due volte ha manifestato in pubblico la propria insofferenza, con due richiami alla responsabilità e all'unità. Dopo l'appello lanciato da Brescia, in occasione della visita al Capitolium il 18 maggio scorso, ieri il Capo dello Stato ha sfruttato l'occasione dell'inaugurazione del campus dell'Università Cattolica del Sacro Cuore a Cremona per rinnovare l'invito alla «collaborazione tra tutte le realtà del Paese» e in particolare tra pubblico e privato, condizione indispensabile per «attuare con sollecitazione ed efficienza» il Pnrr. «In questo momento, in questa contingenza insiste Mattarella - la collaborazione tra tutte le realtà del Paese è indispensabile per attuare con sollecitazione ed efficienza i programmi del Next Ue. La loro realizzazione veloce, tempestiva ed efficace ha bisogno di tutte le energie del Paese. Questa esigenza deve essere avvertita per ogni problema che riguarda la ripresa nel nostro Paese».

Un messaggio per spegnere l'incendio esploso nel governo sul tema del blocco dei licenziamenti. Il filo diretto Draghi-Mattarella partorisce una mediazione che evita lo strappo. Dal primo luglio non c'è più il divieto assoluto di licenziare, perché un'azienda che non richiede la Cassa può farlo, ma c'è un forte incentivo a non farlo. «Mi pare una mediazione che certamente scontenta chi avrebbero voluto continuare con il blocco ma non scontenta, almeno così mi pare, quelli che avrebbero voluto sbloccare tutto immediatamente. Il governo aveva già annunciato il termine del blocco all'epoca se non sbaglio della presentazione del Def, e quindi questo provvedimento è decisamente un miglioramento rispetto alla situazione precedente», spiega Draghi al termine del Consiglio europeo.

Compromesso che non cancella la tensione. La Cei boccia la soluzione: «Non si può chiudere improvvisamente l'ombrello» - attacca il vicepresidente della Cei e vescovo di Novara, monsignor Franco Giulio Brambilla. Difficoltà che trovano conferme nelle parole del capogruppo Fi al Senato Anna Maria Bernini: «Per ripartire l'Italia ha bisogno di una maggioranza responsabile stretta intorno a un governo forte, ma ancora prima serve un patto per la ricostruzione del Paese nello spirito indicato dal presidente Mattarella quando conferì l'incarico a Draghi».

Il ministro Orlando, il vero sconfitto, prepara le contromosse. Sul tavolo per alcune ore circola anche l'opzione delle dimissioni dal governo.

Nel frattempo incassa il sostegno di Roberto Speranza: «Pieno sostegno ad Orlando che si batte ogni giorno a difesa dei diritti dei lavoratori».

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