Sarà perché quella contro il coronavirus, come si sente dire da tutti, è una guerra: il Comune di Parma ha deciso di reintrodurre la pena di morte. L'esecuzione avviene mediante una lenta uccisione per fame, modalità tanto crudele che non era prevista nemmeno quando la città era un ducato.
Fuor di metafora, è davvero stupefacente il piglio burocratico con cui il Comune emiliano ha deciso di applicare una «clausola antifascista» alla distribuzione di buoni spesa per sfamare le tante persone che si trovano in difficoltà non avendo diritto ad accedere a nessuna delle forme di aiuto previste dal decreto Cura Italia, o avendone diritto ma essendo in attesa dei templi biblici della burocrazia.
La clausola è inclusa nel modulo da compilare per ottenere il buono. A denunciarlo i parlamentari emiliani di Fratelli d'Italia che elencano le condizioni imposte dal formulario: bisogna dichiarare di «ripudiare il fascismo», «di non professare e fare propaganda di ideologie xenofobe, razziste, sessiste» e «di non compiere manifestazioni esteriori di carattere fascista e/o nazista, anche attraverso l'utilizzo di simbologie o gestualità ad essi chiaramente riferiti».
Un saluto romano, dunque, potrebbe essere causa di perdita al diritto a essere nutriti. Al di là del giudizio politico su idee censurate dalle leggi e dalla Costituzione, fa specie che si possa farne derivare una conseguenza tanto pesante da mettere in dubbio la sopravvivenza stessa della persona che professa queste idee, come se anche questo non fosse un diritto garantito dalla «Costituzione antifascista». La clausola è stata inserita in forza di un regolamento comunale nato mesi fa, durante una delle ricorrenti polemiche contro le manifestazioni di Casapound, ed era chiaramente pensata per evitare di concedere spazi pubblici al movimento di estrema destra. Fonti dell'amministrazione comunale guidata da Federico Pizzarotti, interpellate dall'agenzia Adnkronos, confermano la circostanza e la minimizzano: «Si tratta di un regolamento unico che riguarda la concessione dei patrocini, i contributi e l'utilizzo delle sale civiche del Comune di Parma. Un regolamento ampio, fatto di diversi articoli. È un regolamento, quindi, che non riguarda questo caso specifico». Eppure, la dichiarazione sarebbe finita nel modulo, nonostante il buono spesa sia finanziato dal governo e non dal Comune e sia stato previsto per non lasciare indietro nessuno, incluso chi lavora in nero, né erano previste discriminazione legate a precedenti penali.
Perfino l'Anpi di Parma si è detta contraria. A destra esplode la comprensibile rabbia. «Questa sinistra fa schifo. Omuncoli cinici e senza scrupoli», twitta il senatore di Fdi Giovanbattista Fazzolari, mentre Giorgia Meloni chiede l'intervento del Viminale.
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