Sette comparse (sei ex consiglieri comunali o municipali e una senatrice, Elena Fattori) contro il prescelto. Oggi è il gran giorno, le idi di marzo dei cinquestelle, con traditori e traditi. Meno male che c'è Grillo, il vecchio, che si è messo a fare quello che sa fare meglio, non il politico ma lo showman: a 70 anni sale sul palco e improvvisa un sound check sui toni del blues smorzando finalmente l'aria pesante attorno alla kermesse riminese, davanti ai suoi attivisti in questa bella giornata di sole sulla riviera romagnola, affuscata però da qualche nube minacciosa all'orizzonte.
La ciambella dei cinquestelle a Rimini, nel giorno dell'incoronazione di Re Luigi, infatti, per ora non è venuta col buco e questa grande sagra del nulla, ha fallito l'obiettivo.
Il teatrino Fico, che parla, non parla, poi parla e ora non parla più, non è ancora finito. Il suo nome era in scaletta con i big, tra quelli che dovevano parlare sul palco. Poi i vertici del Movimento hanno fatto sapere che "Roberto Fico non parlerà sul palco. È stata una decisione concordata con Beppe Grillo. Si è stabilito che è meglio così". Versione che non coincide con quella di Fico. Il deputato 5stelle, che per ora non si è fatto vedere, risponde: "Sono stato io a decidere di non salire sul palco, nessuno me lo ha impedito o mi ha chiesto di non andarci".
Vabbè, diamola per buona. Anche se nel movimento sono scettici: "Ma quali no, è stato Grillo a non volerlo, non c’è nessuno che possa dire no a Grillo che sia ancora dentro il Movimento". Ecco, questa versione è già più credibile. Un segnale per dire che nessuna dissidenza, per quanto silente, sarà tollerata, nei tre giorni in cui i vertici hanno deciso di festeggiare l'incoronazione di Luigi Di Maio. Stop.
E infatti in molti si chiedono se la permanenza di Fico nei 5Stelle abbia ancora un senso. Il problema c'è, ed è inutile che i senatori Barbara Lezzi, Nicola Morra e Paola Taverna continuino a dire che "va tutto bene" e vanno tutti "d'amore e d'accordo". Ormai non ci crede più nessuno. Ai vertici si stanno scannando e anche se a parole tutti provano a negarlo, in verità così non è.
Il presidente della Commissione di Vigilanza Rai è in silenzio stampa dal 15 settembre, giorno in cui sono uscite le regole per la candidatura a premier, con l’attribuzione al vincitore del ruolo di capo politico. Da allora, Fico si è cucito la bocca persino sui social: da sette giorni non posta una parola.
Il no di Rimini non è un atto di rottura definitiva, ma la prova che le tensioni interne esistono eccome. Fico era già in scaletta sabato tra i big, poi è stato tolto, infine riammesso di venerdì, il giorno dedicato ai peones. E con un intervento su «Telecomunicazione, informazione e fake news» che gli ritagliava un ruolo minore e non politico. Umiliazione eccessiva per lui, a cui si è giustamente ribellato. Grillo voleva farlgiela pagare per non essersi candidato contro Di Maio al fine di rendere la farsa delle primarie un po' meno buffonata. Lui non ha accettato per non farsi umiliare dal collega ormai predestinato. Vendetta riuscita.
Oggi però Grillo tenta di ricucire con lui e con l'ala ortodossa: un po' in sordina, fa capire che forse ci potrebbe essere uno spiraglio affinché Fico possa parlare lo stesso: "Oggi, se vuole, Fico parla. Lui è un romantico. Ma va bene così", dice Grillo rispondendo ai cronisti a margine di una festa di compleanno di quattro parlamentari M5s organizzata a Rimini dopo la prima serata di "Italia 5 Stelle". Alla festa erano presenti diversi parlamentari pentastellati, oltre a Davide Casaleggio.
La sensazione di isolamento si percepisce però qui a Rimini. In molti gli rimproverano di non essersi esposto, di non aver accettato di sfidare Di Maio per paura di perdere. Uno scontro che proprio adesso non ci voleva, nel giorno della grande festa. Peraltro le votazioni non sono andate come si sarebbero aspettati: la migliore affluenza si è registrata nel 2016, in occasione delle modifiche al "non statuto" con 87.213 click, quella di giovedì e ieri si è fermata sicuramente al di sotto, probabilmente in una forbice tra 50 e 60mila voti ovvero meno della metà degli iscritti certificati che dovrebbero essere circa 150mila e lontani dalla soglia dei 100mila auspicata dal deputato Danilo Toninelli.
Nell'attesa della scontata incoronazione di Di Maio, prevista per le 19, la linea dietro la quale si nascondo tutti negando l'evidenza è quella suggerita dalla leonessa Barbara Lezzi: "Io? Non mi sono candidata perché tutti ci sentiamo rappresentati da Luigi. Ma quali divisioni? Di Maio è uno rigoroso e va bene a tutti. Le primarie sono andate benissimo. Tutti hanno avuto la possibilità di candidarsi e nessuno è stato spinto a farlo per costruire competizioni farlocche e tutti hanno avuto la possibilità di votare. La notizia è che non c'erano correnti che si confrontavano ma persone che si proponevano". Eppure nemmeno le donazioni sono andate bene. Sono stati raccolti 340.000 euro, il 30% in meno rispetto alle feste degli anni precedenti, per una spesa della festa e supera il mezzo milione di euro. Un altro segnale preoccupante.
La festa di Rimini è anche un test scenografico, importante. C'è la piazza dei sindaci, l'area delle Regioni, i padiglioni del Parlamento e naturalmente il villaggio Rousseau. La gran parte dell'area è occupata dai tendoni dei "sindaci 5 stelle" non divisi per città in mondo da evitare che la Raggi venga isolata dal contesto e non si possa giovare dallo stare mescolata con gli altri. Per il resto è tutto Rousseau. Malgrado l'umiliante figura del blocco della piattaforma, la metamorfosi politica del movimento è evidente.
La creatura di Davide Casaleggio, figlio del fondatore, è ovunque: "Villaggio Rousseau", "Info point Iscriviti a Rousseau", "Merchandising Rousseau". Come se l'azienda voglia fagocitare il partito.La grande finzione a 5stelle continua.
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