Ieri a Gerusalemme ancora scontri nel «giorno dell'ira» dei musulmani

da Gerusalemme

Gerusalemme è nella fantasia di ognuno, di tutte le religioni e di tutti i popoli, è un luogo che desta gelosie e odio, è la culla del monoteismo che è terra contesa, Gerusalemme è il luogo dove tutti sono stati, dove tutti vogliono andare, la città di Abramo e Davide, di Cristo, di Maometto. La Spianata delle Moschee, ovvero il Monte del Tempio, è sempre il centro della battaglia per la città, e anche ieri lo è stata.

Qui la guerra non finisce mai, anche se per le strade sempre fiorite, sulle pietre grigie, sul panorama glorioso lo svolgersi del tempo quasi non si sente. Ieri, come nei giorni passati, sono volate pietre e bombe molotov, mentre la polizia cercava, con caschi e scudi, gas e spintoni di bloccare migliaia di giovani islamici che cercavano di sfondare i blocchi verso la Moschea di Al Aqsa. Per fortuna ci sono stati pochi feriti e pochi fermati, i disordini sono dietro l'angolo, letteralmente. Tutto può accadere, e tutto è successo in questi giorni. Venerdì è il giorno della preghiera collettiva dei musulmani, giovedì sera Israele aveva deciso di chiudere la Spianata per evitare scontri e lanci di pietre sugli ebrei al Muro del Pianto. Ma il coro in difesa dello Status Quo ha fatto riaprire la Spianata ai musulmani maggiori di 50 anni e alle donne. Ne sono entrati circa 5000 mentre in Città Vecchia e nei quartieri di Gerusalemme est i giovani inginocchiati sui tappetini di preghiera occupavano le vie. Probabilmente quello che ha indotto il governo a riaprire per il venerdì è la minaccia della Giordania di rivedere il trattato di pace di vent'anni fa: il re Abdullah è l'affidatario legale, mentre di fatto il Mufti palestinese le guida, delle antichità musulmane di Gerusalemme, proprietà del Waqf, che controlla la spianata centellinando le visite e proibendo ogni preghiera. L'agitazione nasce da una serie di fatti: la vecchia origine è nel rapimento e assassinio dei tre ragazzi ebrei e poi nell'uccisione crudele di un ragazzo palestinese. Più vicino però, l'attacco su un'auto, di un terrorista, Rahman Shaloudi, alla folla che scendeva dal tram: una neonata uccisa, sette feriti fra cui una ragazza, poi morta. La polizia ha ucciso Shaloudi per fermarlo, ma mentre sulla sua casa sventolava la bandiera di Hamas che rivendicava l'attentato, Israele è stata accusata di aver ucciso un innocente. Da qui, scontri e lanci di pietre, mentre a Gerusalemme l'auto è diventata un'arma. Mercoledì sera, invece Moataz Hejazi, un palestinese di 32 anni, per 12 anni in prigione, membro della Jihad Islamica si è avventato in moto, nel centro, sull'attivista Yehuda Glick, ferendolo gravemente con tre spari. Glick è un attivista del Monte del Tempio, sostiene senza sosta che anche gli ebrei e i cristiani devono poter pregare sulle loro vestigia. Ma sarebbe una violazione dello Status Quo. Hejazi ha dimostrato con tre colpi che non si può. Di notte la polizia ha trovato l'attentatore, l'ha circondato, Hejazi ha sparato, la polizia l'ha ucciso. Da qui di nuovo scontri, mentre i proiettili verificavano l'identità del terrorista. Di nuovo la città est è insorta rivendicando l'eroismo dello shahid, Hamas e Jihad l'hanno fatto loro, Abu Mazen non ha condannato, e ha invece chiamato al «giorno dell'ira» per la chiusura delle Moschee. Ismail Hanjeh, il capo di Hamas, ha dichiarato gli ebrei vogliono distruggere le Moschee. Una sarabanda di esclamazioni confuse, incendiarie da cui emerge che Abu Mazen pensa di potere ricavare dei dividendi politici potenti se insiste sul fatto che Israele vuole cambiare lo Status Quo.

Nel 1967 Moshe Dayan, conquistata la Città Vecchia, esclamò: «E ora che ce ne facciamo di tutto questo Vaticano?». La decisione presa fu di riconsegnare all'Waqf la gestione della Moschea di Al Aqsa. Gli ebrei facendo questo avevano sacrificato anche la loro anima, la memoria del Tempio meraviglioso distrutto dai Romani nel 70 d.C. L'Waqf ha fatto di tutto per cancellarne la memoria, anche quella archeologica molto evidente, testimoniata da Flavio Giuseppe come da Tacito.

Arafat ha inventato che gli ebrei non sono mai stati a Gerusalemme, che prima delle Moschee c'era il nulla. Clinton, quando Arafat gli propose questa sua verità, minacciò di lasciare la stanza. Ma già si preparavano schiere di seguaci.

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