Coronavirus

Da ieri in Trentino è vietato nascere: medici dirottati per l'emergenza. Italia verso l'arancio

Terapie intensive piene, stop ai reparti di ostetricia in provincia

Da ieri in Trentino è vietato nascere: medici dirottati per l'emergenza. Italia verso l'arancio

Da ieri sera alle 20 in Trentino non si può più nascere. Parti vietati nella Val di Non e nella Val di Fiemme. I reparti di ostetricia e ginecologia degli ospedali di Cavalese e Cles hanno chiuso i battenti causa Covid. O meglio, causa carenza di personale, trasferito nei reparti Covid. «Allo stato attuale dell'emergenza pandemica, con l'aumento dei contagi e dei ricoveri negli ospedali trentini - precisa l'azienda sanitaria - si rende necessaria una riorganizzazione delle attività delle varie strutture ospedaliere in modo da permettere la prosecuzione delle attività sanitarie in urgenza/emergenza e recuperare risorse per sopperire alle varie assenze tra il personale sanitario».

Fino alla ripresa dell'attività, le donne saranno accolte negli ospedali di Trento e Rovereto. Ma la scelta la dice lunga sulla situazione contagi.

È la stessa fondazione Gimbe a confermare il peggioramento dei contagi: «Particolarmente preoccupante - scrive nel rapporto settimanale - la crescita delle ospedalizzazioni. Soprattutto nella provincia di Trento che, con il 31,1%, registra la più alta percentuale di occupazione delle terapie intensive da parte di pazienti Covid-19. In Alto Adige questa percentuale è del 17%». Tra il 5 e l'11 gennaio, cioè subito dopo le vacanze natalizie e le sciate di massa, il Trentino ha registrato un aumento dei casi dell'82%, l'Alto Adige del 145%.

Del resto un aumento dei contagi, e quindi anche dei casi gravi, era annunciato. E anche le prossime due settimane saranno costellate di numeri che non vorremmo più sentire. Frutto sia delle vacanze, sia della ripresa scolastica. Ieri, su 1,2 milioni di tamponi, sono stati registrati 184.615 positivi e i decessi sono stati 316. «L'enorme quantità di nuovi casi in continua crescita - spiega la fondazione Gimbe - sta progressivamente saturando gli ospedali».

Come mai il virus corre così veloce nonostante oltre 50 milioni di vaccinati? La popolazione suscettibile è ancora troppo numerosa: 2,2 milioni di bambini fino a quattro anni non vaccinabili, 8,6 milioni di non vaccinati e oltre 15 milioni in attesa della terza dose. «E poi - spiega Gimbe - sia, in misura minore, ci sono i fenomeni di escape immunitario della variante Omicron».

In base alle analisi del matematico Giovanni Sebastiani, dell'Istituto per le applicazioni del calcolo Picone del Cnr, sono dieci le regioni che nelle prossime due settimane potrebbero entrare nella zona arancione: Calabria, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Marche, Piemonte, Sicilia, Toscana, Valle d'Aosta e Liguria; vanno invece verso il giallo dal bianco attuale Puglia e Sardegna. Quasi al picco dell'incidenza dei positivi totali l'Umbria, mentre ci si avvicinano Campania, Lombardia e Molise.

Se a breve dovessero arrivare i farmaci antivirali, allora si potrà ragionare più seriamente sul contenimento dei ricoveri (e quindi sul cambio di colore delle regioni): i medicinali, somministrati ai pazienti con sintomi lievi, possono evitare l'aggravarsi dell'infezione e fare da scudo anche al rischio saturazione dei posti letto in ospedale.

Assieme ai vaccini e alle altre terapie, potranno declassare l'infezione e, a poco a poco, renderla trattabile in ambulatorio, senza più congestionamenti delle terapie intensive, reparti convertiti o punti nascita chiusi.

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