Cronache

Ilda e l'amore segreto. Ora esalta la passione che contestò al Cav

Nel suo libro la Boccassini rivela il legame con Falcone. Caduta di stile imbarazzante

Ilda e l'amore segreto. Ora esalta la passione che contestò al Cav

Ilda la rossa non era rossa ma castana. Ilda la rossa è una donna che ha superato la settantina, che ha vissuto di passioni enormi per il suo mestiere di magistrato, per la sua famiglia che è rimasta più volte disarticolata dai conflitti di interesse delle sue numerose e passionali attività, come Ilda (Boccassini) la Rossa rivela ciò che non sapevamo e che non siamo sicuri di avere voluto sapere.

E cioè principalmente - di essere stata l'amante segreta di Giovanni Falcone, di cui si era fulmineamente innamorata fin da quando all'Addaura la invitò a tuffarsi in mare benché appena uscita dal parrucchiere, per poi guidarla per mano, in mare aperto. Un amore segreto, almeno per noi e certamente per la moglie di Falcone, l'affascinante magistrato e accademica Francesca Laura Morvillo che morì col marito nell'inferno di Capaci.

Ilda Boccassini ora racconta nel suo libro con quale disperata furia corse a vedere il corpo di Giovanni Falcone, dove pronunciò fra le lacrime un giuramento di giusta vendetta contro gli assassini. Non c'è cenno di un suo saluto al corpo senza vita della sua rivale, perché così si comportano gli innamorati, specialmente quando lo nota lei stessa non hanno alcun futuro insieme.

Ne esce fuori un racconto nostalgico di intere notti abbracciati durante il volo transatlantico per l'Argentina o durante le trasferte che rendevano possibile i loro incontri. Che dovremmo fare, noi lettori e cittadini? Commuoverci? Dire che tutto ciò è umano, molto umano, troppo umano? Noi personalmente avvertiamo una ferita nella memoria e nell'immagine di Giovanni Falcone che aveva tutt'altro spessore e ha un posto alto e drammatico nella storia d'Italia.

Un conto sono i fatti così come sono accaduti, tutti umani, umanissimi. Tutt'altro è darli alle stampe con pretese letterarie veramente fuori luogo in «La stanza numero 30» per l'editore Feltrinelli, con una passerella di luoghi comuni del genere: a «Giovanni piacevano i miei riccioli. Quante volte mi ha detto che i miei occhi erano bellissimi». Fino all'inflizione per tutta la durata del viaggio di una cassetta di Gianna Nannini perché «alcune canzoni mi facevano pensare alla nostra storia e le ascoltai più volte, per ore, stringendomi a lui approfittando del fatto che in Top Class non c'erano altri passeggeri e la nostra intimità in quel lusso rilassante poteva essere disturbata soltanto dall'arrivo delle hostess». Altro che D.H Lawrence con la sua scialba lady Chatterley. Qui siamo al fotoromanzo del parrucchiere.

Non c'è nulla di male, si dirà: è umano, perché la vita narrata nell'autobiografia di Ilda Boccassini dovrebbe suggerire indomito coraggio nella consapevolezza stampata per il pubblico (dunque eroicamente?) di aver fatto soffrire molte persone e di aver messo in piazza una condotta passionale che chiede ai lettori quella cosa orrenda che è la «complicità».

A noi fa impressione che la stessa magistrata nelle vesti di pubblico ministero abbia condotto la sua crociata a fil di Codice penale contro Silvio Berlusconi per le sue pretese passioni nella vita privata, mai dimostrate e anzi negate. Quando Ilda Boccassini pronunciò la sua requisitoria sull'affare Ruby, molti pensavano che quella fosse la tempesta perfetta contro l'ex presidente del Consiglio. Ascoltammo la sua retorica inefficace e rumorosa, guardammo i suoi capelli perfetti, i tacchi altissimi, tutte cose poco consone agli usi e costumi delle grigie e sorde aule di giustizia. E alla fine, che delusione! Non c'era nulla che potesse provare neanche alla lontana la colpevolezza dell'imputato. Falcone si sarà girato nella tomba. La sua foga oratoria concedeva troppo alle distorsioni dialettali. Ma questo è il minimo: quel processo non le portò fortuna perché fu sconfitta. Ieri si sprecavano gli alti osanna a questa triste storia spacciata per genio e sregolatezza passionale. Un pubblico ministero è un impiegato statale di alto livello assunto per concorso. Ma ieri sembravano tutti d'accordo nel celebrare il limpido coraggio di Ilda la Rossa che, fra l'altro, non è neppure rossa ma castana corretta con l'Henné, tintura rossastra a poco prezzo.

Questa donna italiana si è certamente scavata un posto nella storia per aver vanamente perseguito e umanamente perseguitato il più votato ma il più detestato dalle sinistre uomo politico. Non si capisce bene perché abbia scelto ora di raccontarsi come un fiume in piena, preda di passioni imbarazzanti e prevedibili che però rivelano i tradimenti coniugali di un grande magistrato ucciso. Certo, è una storia umana. Ma come può spiegare, proprio lei, la donna eroica detta «la rossa» senza esserlo e che perse la sua furiosa battaglia, come abbia potuto perseguitare con professionale passionalità un anziano signore accusato di avventure passionali mai provate? Quelle proprie, le ha spiattellate con eccessiva generosità nella lussuosa privacy della Top Class, svilita soltanto dal gracchiare delle canzoni della Nannini in un vecchio mangianastri.

Se Ilda cercava il modo di chiudere comunque in bellezza, qualcuno l'avverta perché a noi sembra il flop finale.

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