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Sulla redistribuzione dei migranti per l'Italia arrivano solo insidie

Dopo l'accordo sui miganti dei giorni scorsi, diversi Paesi Ue hanno dato disponibilità ad accogliere: ma la solidarietà potrebbe solo sfiorare il nostro Paese

Sulla redistribuzione dei migranti per l'Italia arrivano solo insidie

Sarebbero sedici i Paesi dell'Ue che hanno accettato di aderire a un meccanismo di redistribuzione dei migranti. Ma per l'Italia all'orizzonte c'è lo spettro di una nuova solidarietà attuata a metà. O, per meglio dire, attuata verso altre direzioni e non a favore del nostro Paese. Dalle istituzioni europee non emergono infatti segnali volti a considerare l'attuale impennata di sbarchi come un'emergenza a carattere europeo. La redistribuzione annunciata dai Paesi dell'Ue prevede l'attuazione dei meccanismi previsti nell'ultimo accordo sull'immigrazione dello scorso 10 giugno. Ad annunciare questa iniziativa sono stati gli stessi ministri degli Esteri dei 16 Stati coinvolti, i quali hanno firmato una nota comune, a cui si sono aggiunti anche i rappresentanti dei governi di Norvegia, Svizzera e Liechtenstein.

La redistribuzione dei migranti

“I governi di Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein – si legge nella nota comune – si impegnano ad attuare un meccanismo di solidarietà volontario, semplice e prevedibile volto a fornire agli Stati membri più colpiti dai flussi migratori nel bacino del Mediterraneo e a quelli più sotto pressione, anche sulla rotta dell'Atlantico occidentale, assistenza adeguata alle loro esigenze da parte di altri Stati membri oltre al sostegno europeo, proponendo ricollocazioni (metodo privilegiato di solidarietà) e contributi finanziari”.

In poche parole, nella lettera firmata in comune i Paesi in questione si sono impegnati nel dare attuazione a quanto previsto dall'accordo del 10 giugno. In cui, per l'appunto, si parla di meccanismi volontari di redistribuzione e, per quei governi che non accettano la ricollocazione dei migranti nel proprio territorio, di finanziamento a favore di Paesi che stanno fronteggiando crisi migratorie.

Dei 19 Paesi, non fanno parte tra gli altri Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, i più refrattari alla possibilità di redistribuire migranti nel proprio territorio. Anche in questo caso nessuna sorpresa: del resto un accordo unitario sulla ricollocazione non è stato mai possibile proprio per le divergenze tra due distinti blocchi di Paesi, quelli favorevoli e quelli contrari alla redistribuzione per quote.

Cosa cambia per l'Italia?

La lettera dei 19 governi può dare al nostro Paese, alle prese con una massiccia ondata di sbarchi, una boccata di ossigeno? A dir la verità, nella lettera non si fa menzione della specificità del caso italiano. Al contrario, si legge come “le ricollocazioni devono applicarsi in via prioritaria agli Stati membri che affrontano gli sbarchi dei migranti a seguito di operazioni di ricerca e soccorso in mare sulla rotta del Mediterraneo occidentale e dell'Atlantico, nonché – prosegue la nota – di altre situazioni per tenere conto dell'attuale situazione a Cipro o dei possibili sviluppi nelle isole greche”.

Non si fa riferimento all'Italia e al recente incremento di sbarchi nel nostro territorio. Inoltre, il governo di Roma risulta tra i 19 che hanno dato disponibilità. Dunque, paradossalmente, potremmo essere noi a ricevere quote di migranti arrivati da altre parti.

Lo si evince anche dal passaggio della lettera in cui si parla per l'appunto di “ricollocazioni da applicarsi agli Stati membri che affrontano sbarchi dei migranti a seguito di operazioni di ricerca e soccorso in mare”. Vale a dire da sbarchi operati da navi militari o navi delle Ong, i quali costituiscono solo una minima parte degli approdi che interessano l'Italia. Lungo le nostre coste sono infatti gli sbarchi autonomi a destare maggiore preoccupazione e a contribuire a un incremento della presenza di migranti.

Il documento quindi per l'Italia è un'arma a doppio taglio: si sancisce sì un principio di solidarietà, ma volontario e riguardante modalità e situazioni non direttamente riferibili al caso italiano.

E quindi ancora una volta il nostro Paese potrebbe non essere aiutato nell'affrontare l'emergenza.

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